Teatro, allo Storchi arriva ‘Boston Marriage’ di David Mamet

(Foto ERT)

“Boston marriage” è uno spettacolo al femminile scritto da David Mamet, forse il più grande drammaturgo americano vivente. Va in scena per la regia di Giorgio Sangati mercoledì 19 aprile alle 20.30 al Teatro Fabbri di Vignola per poi approdare al Teatro Storchi di Modena dal 20 al 23 aprile.

La vicenda è ambientata a cavallo tra Ottocento e Novecento, in un salotto. I personaggi: due dame e una cameriera. Tutto farebbe pensare a una trama convenzionale, ma veniamo a sapere che le due dame sono state un tempo una coppia molto affiatata. Anna, la protagonista e padrona di casa, ha trovato un uomo ricco che la mantiene e vorrebbe ora riprendere con sé Claire, appena arrivata in visita. Ma Claire non è lì per quello: è tornata per ben altri motivi e non mancheranno colpi di scena rocamboleschi. Protagonisti sono il non-detto, l’allusione, il paradosso. Una prova da equilibriste della parola per tre attrici del calibro di Maria Paiato, Mariangela Granelli e Ludovica D’Auria (nella foto).

Classe 1947, David Mamet ha vinto un Premio Pulitzer ed è stato più volte candidato all’Oscar come miglior sceneggiatore. Con “Boston marriage” la sua prosa tagliente si sposa per la prima volta con una scrittura tutta al femminile. L’espressione “Boston marriage”, che dà il titolo all’opera, indica l’amicizia tra due donne, non priva di risvolti romantici, che sfocia nella convivenza, e questa espressione fu usata in New England nei decenni a cavallo tra il XIX ed il XX secolo, con l’intento di descrivere due donne conviventi senza il supporto finanziario di un uomo.

Le amicizie romantiche, più o meno formalizzate tra donne, precedono questa espressione e possiamo trovare una lunga lista di esempi in Inghilterra e in altri paesi europei. Il termine “matrimonio bostoniano” è stato associato al romanzo “I bostoniani” di Henry James, che include una relazione di convivenza prolungata di due donne nubili. James si ispirò a suo sorella Alice James, implicata in una relazione del genere con un’altra donna chiamata Louise.

Le donne del “matrimonio bostoniano” erano donne che non si sposavano, perché sentivano di avere maggiore legame con altre donne rispetto agli uomini, ed alcune di esse convivevano; spesso erano finanziariamente indipendenti grazie a eredità familiari o guadagni di un lavoro autonomo. Coloro che si decisero ad avviare una carriera, come dottoresse, scienziate, professoresse, fondarono una nuova classe di donne, distinte dalla prerogativa dell’essere economicamente indipendenti da uomini. Alle donne istruite e in carriera, che volevano vivere con altre donne, era concessa in parte accettazione sociale e libertà di condurre liberamente la propria vita. Spesso erano femministe con valori condivisi, coinvolte in battaglie sociali e culturali; autonome economicamente, si supportavano l’una con l’altra, vivendo spesso in società che le emarginava, quando non erano apertamente ostili. Per informazioni e biglietteria: 059.2136021

WP-Backgrounds Lite by InoPlugs Web Design and Juwelier Schönmann 1010 Wien