Progetto Erasmus, i primi studenti modenesi ricordano l’esperienza di quasi 30 anni fa

Nato nel 1987, il programma Erasmus compie 30 anni. Da allora ha coinvolto quasi quattro milioni di studenti e studentesse e nel 2017 è stato scelto come simbolo per la Festa dell’Europa. A Modena, nell’anno accademico 88/89, i primi a partire furono 8 ragazzi e 4 ragazze, che venivano dalla facoltà di Economia e da quella di Scienze Matematiche, Fisiche e Naturali. Curiosi di scoprire che fine avessero fatto quei pionieri, siamo riusciti, grazie all’Università, a raggiungere alcuni di loro.

L’Erasmus può fare la differenza, ne è convinto Enrico Vento, imprenditore e Ad di Fox Bompani Spa: “Ho fatto l’Erasmus a Glasgow, University of Strathclyde, su iniziativa del professor Tiziano Bursi. Se non avessi fatto quell’esperienza, oggi sarei un’altra persona. Mi ha aperto alla dimensione internazionale. Subito dopo la laurea, ho iniziato a lavorare in una multinazionale americana e nell’ambito delle multinazionali sono rimasto fino a poco prima di venire in Bompani. Per me l’Erasmus ha fatto la differenza, anche per l’apertura mentale che mi ha dato. Ci ha cambiato le prospettive, gli orizzonti. Abbiamo visto un modo diverso di insegnare, conosciuto una cultura diversa e vissuto con studenti di tutto il mondo. Oggi, l’attenzione che hanno i ragazzi verso l’estero è figlia anche di esperienze di questo tipo. Realizzare il progetto Erasmus, è stata una scelta fondamentale per creare uno spirito di tipo europeo”.

Tommaso Fabbri, oggi docente alla Facoltà di Economia, è un altro di quei pionieri che andarono a Glasgow: “Conservo un ricordo bellissimo! L’Università non era del tutto attrezzata per accoglierci e ci alloggiarono in un appartamento al 35esimo piano di un grattacielo a Red Road, zona nota alle cronache come periferia degradata, ma noi eravamo comunque contenti! Il rapporto con l’università fu molto piacevole, ci accolsero e ci intrattennero per tre mesi, in un rapporto molto stretto e umanamente molto bello. Non posso dire che sia stata un’esperienza decisiva per la mia vita, ma è stata bellissima e ben fatta! L’Erasmus è utile e fa bene e oggi, poi, non si dà più che uno resti confinato nei bordi nazionali: è un’esperienza bella e necessaria!”.

Anche il suo ex collega di studi e ora collega di lavoro Gianluca Marchi, docente di Economia e delegato del Rettore per la Terza Missione, conserva un ricordo positivo dell’Erasmus a Glasgow: “Siamo stati i primi, compiendo quasi un atto pioneristico sia sul piano scientifico che personale, perché abbiamo vissuto all’estero per 3 mesi, in un momento in cui non era facile. Per intenderci, comunicavamo con l’Italia a forza di gettoni telefonici… Ed eravamo così i ‘primi’ che abbiamo sostenuto esami che non ci furono nemmeno riconosciuti, ma fu un’esperienza importantissima per la formazione personale. Nel tempo, poi, i rapporti tra università si sono ovviamente consolidati e ora tutto fila liscio. Lo consiglio sicuramente per ragioni formative, ma anche per vedere come funzionano le lezioni all’estero, per capire e apprezzare le diversità nel modo di sviluppare la propria carriera universitaria. Mi sento di fare una sorta di elogio della varietà, che fa sempre bene”.

Diversa destinazione ma ricordo ugualmente positivo anche per Paolo Bordone, oggi docente di Meccanica Quantistica e Coordinatore Erasmus del Dipartimento di Scienze Fisiche Informatiche e Matematiche: “Andai all’Università di Montpellier, al Centre d’Electronique, come studente di dottorato. Sei mesi di cui conservo sicuramente un bel ricordo. E’ stata un’occasione di crescita personale perché mi sono trovato in un ambiente completamente diverso in cui occorreva mettersi in gioco. Uscire dal guscio, per quanto traumatico, è importante, abitua a confrontarsi senza chiudersi. L’esperienza all’estero è formativa in generale, ma il progetto di studio può anche richiedere più tempo rispetto al normale. Si guadagna in esperienza, ma occorre essere molto motivati, anche per recuperare l’eventuale ritardo. I nostri studenti in generale sono molto motivati e i risultati molto brillanti ma, prima di partire, è bene chiarirsi le idee su cosa si vuol fare. L’Erasmus, che sembra un’avventura o una vacanza, in realtà è anche un sovraccarico di lavoro che alla fine paga, ma va affrontato bene”.

Da allora di tempo ne è passato, il programma si è consolidato ampliando la sua offerta formativa e i numeri della partecipazione sono lievitati. Solo nell’anno accademico in corso, infatti, Unimore registra circa 700 ragazzi in uscita verso l’Europa e 255 in entrata. Guardando ai trent’anni alle spalle, invece, sono stati quasi 10 mila gli Erasmus che l’Ateneo ha saputo mobilitare, tra partenze e arrivi.

di Patrizia Palladino

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