I vaccini e il virus che muta: l’intervista al Professor Andrea Cossarizza

La Facoltà di Medicina e Chirurgia, nei giorni scorsi, ha riproposto per il quarto anno consecutivo un incontro sul tema vaccini rivolto alle quarte e quinte delle Superiori modenesi. Quest’anno, per ovvie ragioni, l’evento si è svolto online. Tra i promotori di questa giornata, intitolata “eVacciniaMO”, c’è il Professor Andrea Cossarizza, docente di Patologia Generale e Immunologia di Unimore.

Professore che approccio hanno i ragazzi rispetto ai vaccini?
L’interesse è enorme. Ultimamente ho parlato con moltissimi studenti, anche delle medie inferiori, e tutti mi hanno fatto una gran quantità di domande molto puntuali, precise e intelligenti. La tematica delle vaccinazioni ha sempre riscontrato un grande interesse. Prima del Covid gli incontri si svolgevano nell’Aula magna della Facoltà di Medicina, 550 posti, ed era sempre piena. Ma questa volta abbiamo avuto circa 1500 partecipanti, e forse anche di più! Il merito, va detto, è soprattutto della Dirigente scolastica provinciale prof.ssa Silvia Menabue e di tutti gli insegnanti delle classi coinvolte”.

Da settimane sentiamo parlare di varianti, di quella inglese in particolare. I vaccini Pfizer e Moderna coprono anche questa variante?
Non ci sono ancora dati definitivi e quindi faccio molta fatica a rispondere. Diciamo che non c’è motivo di pensare che i vaccini non funzionino. La variante inglese, nella regione che lega il recettore, ha tre mutazioni che non interferiscono con l’efficacia degli anticorpi indotti dalla vaccinazione”.

Delle altre varianti, per le quali ci sono ancora meno dati, cosa possiamo dire?
Non possiamo dire nulla rispetto alle altre varianti, proprio perché non ci sono dati. L’unica cosa seria da dire è che per ora non lo sappiamo. ‘Non lo so’, sono le tre parole che ho usato più spesso nell’ultimo anno…”.

La variante inglese è più contagiosa, è corretto?
Pare funzionare un po’ meglio delle altre. Dal 30 all’80% più infettiva e capace di legarsi al recettore. I virus si comportano in modo darwiniano, il più efficiente sopravvive. A inizio pandemia, il virus cinese è stato soppiantato dalla D614G, la mutazione che circola da marzo. Poi un’altra variante ha causato una seconda mutazione che, uscita a settembre nel Kent, si è diffusa molto in fretta, anche per il comportamento inadeguato della gente”.

Rispetto ai bambini, c’è una specificità del virus inglese?
Se una variante si attacca un po’ più facilmente, dove ci sono contatti più ravvicinati e il controllo è minore, come accade ovviamente tra i bambini, la variante gira di più. Più persone infette significa più possibilità di contagio”. Non per una sua particolare conformazione, quindi, ma solo per diffusione? “Non ci sono dati a riguardo, però sembra poco probabile”.

Spostandoci sulla terapia, a che punto siamo Professore?
Siamo al punto che si è finalmente capito che quello che è stato fatto alla Clinica delle Malattie Infettive del Policlinico, dalla Professoressa Cristina Mussini, era la cosa migliore in assoluto. Usare il Tocilizumab, in una precisa fase della malattia, ha ridotto la mortalità di oltre il 70%. Ora è uscito uno studio randomizzato su migliaia di pazienti, che ha mostrato l’efficacia del farmaco. E’ uno studio in doppio cieco, cioè alcuni pazienti hanno ricevuto il farmaco, altri un placebo. Ma a Modena, dopo aver visto quanto erano migliorati i primi tre pazienti trattati, non è stato fatto nulla del genere, e sono state salvate molte vite”.

La migliore strategia per contrastare la diffusione del virus sono lockdown mirati, è ancora la sua opinione?
Forse sì perchè la gente non regge più il lockdown totale, è una questione di salute mentale. Il lockdown mirato va fatto in modo molto stretto e, se è lockdown, tu non devi uscire da lì, punto. E’ però importante una programmazione seria sul futuro. Non puoi dire ‘apriamo gli impianti da sci’ e dopo 10 giorni dire il contrario”.

Quando dice ‘mirati’, intende su focolai ben precisi, non su settori a rischio?
Intendo su focolai precisi e aggiungo che serve una forte sorveglianza. Tracciamento, analisi delle varianti, analisi della sensibilità in vitro del virus ai farmaci e della sua infettività. Servono strategie studiate molto bene, non è facile. Anche la questione ristoranti e bar aperti a pranzo e non a cena, cosa cambia? La gente fa l’aperitivo alle 17 invece che alle 19, tutti vicini e senza mascherina. Virologicamente… la stessa cosa!”.

Una sorveglianza così stretta richiede molte risorse…
Assolutamente sì, molte risorse, ma le chiusure mirate sono l’unico modo che abbiamo per continuare a vivere decentemente”.

Tornando alla scuola, alle superiori è saggio continuare le lezioni in presenza al 50%?
“E’ necessario, altrimenti i ragazzi impazziscono. Forse non al 50%, ma i ragazzi devono fare qualcosa… uscire, vedere gente, stare tra loro. Mantenendo le regole e rispettando rigorosamente le disposizioni, e sottolineo rigorosamente. Dobbiamo assolutamente provare a tenere aperte le scuole in presenza. Dobbiamo farlo per loro, che sono il nostro futuro”.

di Patrizia Palladino

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