La variante Delta è davvero più contagiosa? Lo abbiamo chiesto al Prof Cossarizza

La variante indiana, che adesso chiamiamo Delta, è stata identificata la prima volta molti mesi fa. Ad oggi è la variante che preoccupa di più in Europa, ma la scienza è in grado di dirci qualcosa in più, rispetto a prima, sulle sue caratteristiche. Ne parliamo con il Professor Andrea Cossarizza, docente di Patologia Generale e Immunologia di Unimore.

Professore, la variante Delta è davvero più contagiosa?
I dati dicono che sembra avere una capacità maggiore di legarsi al recettore, attorno al 40-60% in più della variante inglese che, a sua volta, aveva una capacità maggiore del ceppo originario. Il fatto che sia più capace di legarsi a una cellula è, ovviamente, una conditio sine qua non che ne aumenta la contagiosità”.

I vaccini a disposizione proteggono contro questa variante?
Ci sono numeri molto chiari in proposito e dicono che i vaccini, a DNA o a RNA messaggero, dopo un ciclo vaccinale completo e fatto come si deve, proteggono al 60-70% dall’infezione e oltre il 90% dalla malattia grave, ovvero da quella che comporta l’ospedalizzazione e l’eventuale uso della ventilazione assistita. Quindi, i vaccini forniscono una buona protezione contro l’infezione e un’ottima protezione sugli effetti gravi”.

E proteggono tutti allo stesso modo?
Sono sempre i numeri a dirci che i vaccini a mRNA (Pfizer e Moderna) vanno un po’ meglio sull’infezione rispetto a quelli a DNA (AstraZeneca e Johnson), mentre sulla malattia grave sono praticamente identici”.

Il green pass è una buona idea dal punto di vista scientifico?
Il problema continua ad essere quello che non esiste un manuale su come combattere una pandemia. Tutto quel che si fa viene fatto con il massimo buon senso possibile, ma per capire bene se una certa strategia funziona ci vuole del tempo. Mi sembra comunque ragionevole avere un green pass, ma non dobbiamo assolutamente pensare che significhi ‘liberi tutti’”.

Perché non possiamo ancora dire di essere fuori dal tunnel…
Temo di no. Stiamo andando verso la fine del tunnel, probabilmente, ma io purtroppo non so prevedere il futuro, e non ho mai pensato di poter dire cosa accadrà. Viviamo quasi alla giornata e cerchiamo di fare del nostro meglio”.

Circola online un’affermazione davvero strampalata secondo la quale i vaccini causerebbero l’insorgenza delle varianti, vuole fare chiarezza?
Un’affermazione assolutamente priva di senso, e lo dimostra semplicemente il fatto che le varianti sono insorte dove le persone non erano vaccinate. La variante indiana, oggi chiamata Delta per motivi di classificazione, è insorta perché il virus circolava in grandissima quantità e, quando un virus si replica, può mutare spontaneamente e generare varianti. Quando i vaccini bloccano la sua trasmissione, la quantità di virus presente in una popolazione cala drasticamente e di conseguenza insorgono meno varianti. Ed è logico che se in un individuo insorge una variante, questa sfugga al controllo del sistema immunitario”.

A maggio lei ha ricevuto il People’s Choice Webby Award, considerato il premio Oscar del web. In un videogioco ambientato nel futuro, chiamato Eve Online-Project Discovery, il suo avatar guida migliaia di giocatori nella lotta contro il virus. Ciò che rende del tutto speciale questo gioco è il fatto che i giocatori contribuiscono realmente alla ricerca scientifica. In che modo?
All’inizio fanno un piccolo corso, tenuto dal mio avatar (in foto), sull’uso di un particolare strumento scientifico, chiamato citofluorimetro, per capire come si studiano i linfociti, le cellule che ci difendono dai virus. Poi analizzano dei file relativi a cellule del sistema immunitario di pazienti Covid reali, che sono conservati nelle banche dati delle nostre associazioni scientifiche. Usando il mouse, i giocatori fanno quindi una serie di manovre per identificare le diverse popolazioni cellulari presenti sullo schermo. E’ come se io, dopo aver fotografato dall’alto un parcheggio, dovessi unire con una matita le auto di uno stesso colore, creando un riquadro che occupi il minor spazio possibile. Grazie a questo lavoro, le popolazioni cellulari vengono identificate nel migliore dei modi. Stiamo parlando di come funziona il sistema immunitario…

E’ un po’ come aver avuto l’aiuto di migliaia di studenti o stagisti in laboratorio…
Esatto. Oltre 327 mila giocatori hanno completato il gioco (vincendo premi virtuali, come una pistola laser o una tuta spaziale) e circa 60milioni hanno fatto almeno le prime mosse. Ed hanno contribuito alla creazione di un algoritmo creato con un sistema di intelligenza artificiale e che serve ad analizzare i campioni in modo autonomo, dando risultati in tempo reale. Da quelle 327mila persone che hanno fatto tutte le stesse cose, analizzando oltre 115 milioni di files, per un totale di 330 anni/uomo di lavoro, il sistema ha quindi imparato a lavorare da solo, e con una velocità inimmaginabile per noi umani…”.

di Patrizia Palladino

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