Ristoranti, lockdown e delivery: Intervista a Stefano Corghi di Modena a Tavola

Ph©elisabetta baracchi

I contagi da Covid-19 sono in repentina crescita e i Dpcm del Governo si susseguono ormai a cadenza settimanale. Sembra un film già visto anche se, per il momento, fortunatamente ad un lockdown totale non si è ancora arrivati. La scorsa settimana a far discutere è stata soprattutto la decisione di chiudere alle 18 bar, ristoranti, pizzerie e le varie attività legate alla ristorazione. Tra le voci critiche del provvedimento anche il presidente del Consorzio Modena a Tavola Stefano Corghi, che ha definito il provvedimento ‘vessatorio’. “La mia non voleva essere una critica diretta all’operato del Governo – ci spiega Corghi – il fatto è che la chiusura alle 18 non mette tutti su uno stesso piano. Per i ristoranti non ha senso, perdono tutto quello che va oltre il mezzogiorno. E’ chiaro che volevano affrontare altri problemi come la movìda, ma si è andati a colpire indiscriminatamente tutti senza fare un distinguo. A noi è stato chiesto di adeguarci alle norme di sicurezza e l’abbiamo fatto. C’è chi ha dimezzato i coperti, ha allargato i tavoli e sanificato i locali, si è investito in sicurezza e ora ci si ritrova chiusi”.

E’ stato però emanato il cosiddetto ‘decreto ristori’…
Se la direzione presa è quella che hanno detto sembra essere una buona direzione. Vedremo. Il problema è che noi, prima di marzo e aprile, che sono stati devastanti, venivamo già da un mese di febbraio dove avevamo lavorato a metà. Questo Dpcm va ad aggravare ancora di più la situazione perchè avviene in un momento in cui si era in una pur minima ripresa. La chiusura alle 18 tra l’altro, dal punto di vista organizzativo, apre scenari ancora differenti dal lockdown, con una parte della gente in smart working. Bisogna reinventarsi di nuovo.

Il delivery potrebbe tornare utile come durante il lockdown?
Ma guarda, nella prima fase era stato importante, ora sarebbe molto meno incisivo. E poi bisogna sottolineare che il delivery, per un ristorante fatto e finito non è remunerativo, necessita di una struttura molto più leggera. Posso garantire che il delivery ha costi importanti e richiede una riorganizzazione aziendale completamente diversa. A marzo, aprile molto lo si è fatto per rimanere attivi e a contatto con la clientela e qualcosa si è riusciti a prendere, ma non è una situazione così semplice.

In molti paesi si è già arrivati ad una chiusura totale di bar e ristoranti. E se si dovesse andare verso un altro lockdown?
Sarebbe una situazione nera, ma a 360 gradi. Innanzitutto significherebbe che dal punto di vista sanitario la situazione è drammatica e comunque la questione principale resta la salute. Non dimentichiamoci che anche noi siamo operatori a contatto tutti i giorni con tante persone e quindi in prima linea.

All’estero, ad esempio in Irlanda, c’è chi ha puntato su un lockdown a novembre per salvaguardare il Natale…
E’ un ragionamento che ci può stare.

Secondo te questa situazione e quello che è successo può avere inciso sulla qulità delle proposte dei ristoranti modenesi?
Non credo proprio, anzi penso che questa sia stata un’occasione per investire ancora di più sulla qualità piuttosto che sulla quantità.

Il consorzio Modena a Tavola organizza qualche iniziativa per aiutare i ristoratori?
Innanzitutto ci siamo proposti sia a livello comunale che regionale per farci ascoltare, proporre protocolli e dare un aiuto tecnico. Poi stiamo cercando di organizzare in collaborazione con Palatipico attività che possano aiutare la ristorazione e tutto l’agroalimentare modenese. E’ in fase di costruzione anche un progetto specifico per il delivery.

di Giovanni Botti

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