Cappellare: cogliere in flagrante. In generale con cappellare s’intende ‘sbagliare in modo grossolano’, da cui la cappella del portiere, ma per qualche oscuro motivo dalle nostre parti ha da assunto il significato di cogliere in fallo. Esempio colloquiale: ‘Càl bambòz ed Gibertèin as’rà bèle du o tri mès càl g’hà na tràsca cun ’na mina gnusùda inzèma a Feisbuk. Lè l’agh manda dàl fotografì dal so’ titòuni e lò agh fa di bonìfich. L’èter dè al s’è fàt caplèr da so muièra cl’è bèla andèda dal avochèt…’.
Da qui si evince tutta la vis espressiva del verbo. Sinonimo può essere anche ‘tanare’. Esempi colloquiali ‘La moglie di Gibertini l’altra sera l’ha tanato mentre lui al Gilda faceva il babi con una russa, allora lei per vendetta s’è messa a fare la scema con un babi sudamericano che insegna Zumba e che è una nasa e lo sanno tutti tranne Gibertini che poi li ha tanati mentre ballavano e lei sembrava n’anguilla mentre abbracciava la nasa colombiana allora Gibbo s’è sformato e le ha detto della roba da processo e poi sono andati via insieme ma poi noi li abbiamo tanati mentre litigavano in macchina fermi lì dalla Comet’.
Il verbo proviene naturalmente dal ‘tana!’ utilizzato nel popolare gioco nascondino, passatempo ludico risalente all’antica Grecia con il nome ‘apodidraskinda’ divenuto poi popolare nell’Europa del XVII secolo quando lo si giocava tra i nobili come una delle poche forme di socializzazione tra giovani aristocratici. In alcune zone esiste una specie di nascondino al contrario detto ‘Sardine’: solo un giocatore si nasconde; le luci sono spente in casa e gli altri giocatori gli danno la caccia individualmente.
Quando un cercatore trova il nascondiglio, però, invece di annunciarlo, vi entra anche lui. E così via. Ogni cercatore che trova il nascondiglio si unisce alle prede, fino a quando non stanno tutti stretti come… sardine, appunto. Il gioco continua fino a quando l’ultimo cercatore trova le sardine. E adesso fate i vostri riferimenti preferiti alla situazione politica italiana…
di Stefano Piccagliani
