Grandi dischi da riscoprire: David Bowie, i 50 anni di “Aladdin Sane”

David Bowie – Aladdin Sane (1973)

Qualche settimana fa è stata pubblicata una nuova edizione di “Aladdin Sane”, l’album di David Bowie uscito originariamente nel 1973 e del quale ricorre il 50° anniversario. Un’edizione speciale in Lp “half speed” con anche la possibilità, per i collezionisti, del picture disc. Una ristampa che, al di la di arricchire la collezione di qualche appassionato, può essere utile soprattutto per riscoprire un disco non sempre osannato dalla critica, ma comunque importante nel percorso artistico del “Duca Bianco”.

Pubblicato il 13 aprile del 1973, “Aladdin Sane”, segue infatti di soli dieci mesi una delle sue opere più importanti e iconiche, il grande “The Rise & Fall of Ziggy Stardust and the Spiders from Mars”, vero e proprio manifesto del cosiddetto Glam-Rock. Ripetersi quindi non era facile e Bowie non è nemmeno mai stato uno che ha amato farlo, quindi il nuovo lavoro è venuto fuori differente dall’illustre predecessore, con uno sguardo all’America (le canzoni furono composte durante il tour statunitense di Ziggy Stardust) e sonorità più dure e rock (basta ascoltare il singolo più celebre, “Let’s Spend the Night Together”, dove si avverte l’influenza dell’amico Mick Jagger e degli Stones).

Nonostante una non grande accoglienza da parte della critica, soprattutto in Europa, “Aladdin Sane” ottenne un grande successo di pubblico con due singoli, il rock-blues “The Jean Genie” e la ballata “Drive-In Saturday”, al 2° e 3° posto nelle classifiche britanniche e, per la prima volta, la top twenty negli Stati Uniti. Una “fase americana” che Bowie proseguirà fino a “Young Americans” (un album da rivalutare!) e che fa da preludio a quella artisticamente più creativa e maggiormente apprezzata dalla critica del cosiddetto periodo berlinese. Magari sarà anche, come dice qualcuno, un disco di passaggio, ma “Aladdin Sane” contiene diverse belle canzoni, (oltre alle già citate ricordiamo anche la teatrale “Time” e la tosta “Panic in Detroit”), che confermano Bowie come uno degli artisti più poliedrici della musica contemporanea. Da riscoprire.

di Giovanni Botti

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