Il disco della settimana: “McCartney III”, il Paul McCartney in solitudine del lockdown

Paul McCartney – “Mc Cartney III”

Un’annata musicale sorprendentemente ricca di proposte interessanti e anche di grandi ritorni, nonostante l’esplosione della pandemia che sta ancora condizionando le nostre vite, non poteva che concludersi con il gradito ritorno di un altro monumento della storia della musica. Dopo gli splendidi lavori di Bob Dylan e Bruce Springsteen infatti, proprio ad un passo dal Natale, è arrivato nei negozi il nuovo album di Paul McCartney. Intitolato semplicemente “McCartney III”, il disco si pone sulla scia di due illustri predecessori che avevano rappresentato il lavoro artistico in totale solitudine dell’ex Beatles. “McCartney I”, il debutto da solista del 1970, e “McCartney II”, l’album della sperimentazione elettronica e della dance del 1980.

Il nuovo disco, sorta di chiusura di una ideale trilogia, è sicuramente più vicino al suo primo predecessore che al secondo. Qui McCartney si presenta da solo, senza troppi fronzoli o produzioni patinate, e suona tutti gli strumenti mantenendo un’atmosfera di base essenzialmente scarna ed acustica. Registrato nel suo studio del Sussex durante il lockdown della scorsa primavera, “McCartney III” è decisamente l’album più interessante dell’ultima parte di carriera del musicista e forse anche quello più in linea con certe strutture dei Beatles, almeno in alcuni episodi. La voce di ‘Macca’ ha certamente risentito del passaggio degli anni e non è più quella di un tempo, ma l’interpretazione resta carica di fascino. Basta ascoltare la cupa ballata pianistica “Women and Wives”, che fa venire alla mente certe atmosfere di Nick Cave, per rendersene conto.

Diverse comunque sono le canzoni da segnalare tra le undici nella track-list, a partire dall’iniziale “Long Tailed Winter Bird”, un quasi strumentale piuttosto curioso ma affascinante. Bellissime la ballata solo chitarra e voce “The Kiss of Venus”, cantata in un falsetto incerto ma emozionante, la lunga e sorprendente “Deep Deep Feeling” e la conclusiva “Winter Bird/When Winter Comes”, dall’andatura particolarmente beatlesiana. Non male anche “Deep Down”, dalle atmosfere R&B, se non fosse per una fastidiosa batteria elettronica. Un disco comunque intrigante dall’inizio alla fine, che conferma come Paul McCartney, ormai a un passo dagli 80 anni, abbia ancora tanto da dire.

di Giovanni Botti

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