La musica, il Liga e tante altre storie. Le racconta Marco Ligabue nel libro “Salutami tuo fratello”

La sua infanzia, il suo rapporto con il fratello Luciano, la sua terra e soprattutto la musica che lui ha potuto vivere dal di dentro e osservare da diverse angolazioni. E’ quello che racconta Marco Ligabue nelle 33 storie del suo libro “Salutami tuo fratello. Cronache spettinate di un rocker emiliano”, pubblicato da Pendragon. Un’idea maturata durante il lockdown dello scorso anno. “Non avevo di certo in mente di scrivere un libro – racconta Marco – non pensavo nemmeno di esserne in grado. Poi un amico giornalista mi ha fatto notare che avrei potuto farlo in occasione dei miei 50 anni. ‘Tu hai vissuto un’esperienza molto singolare nella musica – mi ha detto – sei stato prima un fan, poi un addetto ai lavori collaborando con Luciano, poi musicista e autore in una band e adesso cantautore. Ne hai visto quindi tantissime sfaccettature, un’esperienza che hanno avuto in pochi’. Questo mi ha fatto riflettere e ho provato, un po’ timidamente, a mettere giù degli scritti. Alla fine ci ho preso gusto e il lockdown è stato decisivo perché prima, facendo 80-100 concerti l’anno, non aveva mai avuto il tempo per scrivere”.

“Salutami tuo fratello” è un titolo, in un certo senso, ironico…
Si è vero, ho voluto un po’ scherzare e anche un po’ provocare. ‘Salutami tuo fratello’ me lo dicevano da piccolo in centro a Correggio amici e conoscenti. Poi dal ‘90, quando Luciano ha iniziato la sua carriera con “Ballando sul mondo”, è diventato un vero e proprio ritornello quotidiano ogni volta che incontro i suoi fan. Nel libro racconto quindi la mia vita scandita da questo tormentone.

E Luciano cosa ha detto quando ha letto il libro?
Guarda, all’inizio non gli ho detto nulla, volevo fargli una sorpresa. Poi qualche mese fa, quando ero alla fine, l’ho invitato ad uscire una sera a cena e gli ho raccontato del libro e del fatto che lui in queste pagine era molto presente. Quindi gli ho chiesto di leggerlo sia perché ci tenevo al suo parere, sia perché potesse verificare se avevo travisato o dimenticato qualcosa. Lui mi ha detto che con calma l’avrebbe letto, ma la mattina dopo mi ha chiamato per dirmi che l’aveva già finito e per farmi i complimenti perché gli era piaciuto davvero: ‘hai una rara visione del mondo e queste pagine brillano per forza di volontà e per passione’, mi ha detto. Io sono rimasto a bocca aperta, Luciano è uno di poche parole, ma quando le dice hanno un peso. Qualche ora dopo mi ha scritto anche una mail per mettere nero su bianco il suo pensiero che sono poi le parole che ho pubblicato in quarta di copertina del libro.

Possiamo dire che il tuo è un libro autobiografico?
Beh si, è una serie di racconti che parlano di cose che ho vissuto, anche se di certo non mi interessava scrivere un’autobiografia classica. Ci sono storie che vanno dalla balera che avevano i miei genitori negli anni ‘70, al concerto degli U2 che ho visto al Braglia nel 1987, alla descrizione della mia terra. Ho preso degli episodi della mia vita come pretesto per raccontare momenti che hanno vissuto un po’ tutti quelli che sono stati ragazzi tra gli anni ‘70 e i ‘90. Credo che ci si possa ritrovare.

La nostra terra, l’Emilia, come la descrivi?
Ho raccontato del nostro carattere, del nostro essere super lavoratori ma sempre con il sorriso. Del fatto che siamo caparbi, che non molliamo mai, che ci piace prenderci in giro a vicenda, ma è un po’ un nostro modo di volerci bene. Noi usiamo la parola ‘lavoro’ continuamente, anche in contesti in cui non centrerebbe nulla. Questo perché siamo di natura molto operativi.

Racconti anche di te come musicista, ad esempio di una esperienza diciamo così ‘particolare’ in Sardegna…
E’ vero, quella per me è stata una serata campale. E’ andata così. Mi hanno invitato a una due giorni, il festival più grande che c’è in Sardegna. La prima sera c’erano Fedez e J-Ax, la seconda c’era Caparezza e io dovevo aprire il suo concerto. C’erano 60 mila persone. Sono entrato carichissimo e anche con un po’ di ‘strizza’ perché non avevo mai cantato davanti a tante persone, ma non ho fatto nemmeno in tempo a dare la prima pennata alla chitarra che dal pubblico è partito un coro “Ca-pa-rez-za”. Ho provato a proseguire con la prima canzone, ma dopo un minuto ne è partito un altro “Ohe Vasco, Vasco!”. Poi sono partiti altri cori, gente che faceva l’ombrello dalla prime file, la situazione si stava trasformando in una arena con tutti contro di me. Non sembrava ci fosse il modo di coinvolgere il pubblico trovare un’empatia.

Tu come hai reagito?
All’inizio ho cominciato ad andare in confusione, avevo paura di sbagliare gli accordi, di non ricordarmi le parole dei testi. Poi mi sono trovato ad un bivio: o andavo via o provavo a fare qualcosa d’altro. Da dentro mi è uscita una vocina tutta emiliana che ha a che fare con la tenacia, la caparbietà, il coraggio che abbiamo noi, e ci sono andato “a muso duro”. Così ho smesso di suonare e ho detto in maniera decisa: “adesso silenzio tutti, io stasera devo fare mezz’ora di concerto e dopo questa mezz’ora potete fare i cori e i gesti che volete, dirmi che sono bravo, simpatico, antipatico quello che vi pare, ma adesso ascoltatemi e poi giudicate, Ok?”. Ci sono stati cinque secondi di silenzio totale e poi un boato liberatorio dopo di ché hanno cantato con me le quattro canzoni successive. Evidentemente quel breve discorsetto conciso e deciso ha fatto cambiare l’umore di tutti quanti. Io sono passato dai dieci minuti più brutti di tutta la mia vita ai 20 minuti più belli di sempre. Posso dire quella sera di aver preso davvero possesso del palco e il fatto di riuscire a gestire una situazione in cui avevo 60 mila persone contro di me mi ha fatto trovare una grande sicurezza.

Che rapporto hai oggi con tuo fratello?
Io e Luciano abbiamo sempre avuto un ottimo rapporto pur facendo la stessa attività e questo è un fatto che sorprende tante persone. Spesso succede che tra fratelli o parenti famosi ci siano gelosie, invidie e malumori. Nel libro racconto di quando lui mi ha regalato la prima chitarra, io avevo 15 anni e mi stavo appassionando. Il suo è stato un gesto bellissimo ed è da quel momento che abbiamo cominciato a condividere davvero qualcosa, pur essendoci tra noi dieci anni di differenza. Poi racconto di come ci siamo sempre sostenuti a vicenda, io vendendogli il merchandising, fondando il suo fan club e gestendo i siti internet e lui chiamandomi inaspettatamente sul palco a cantare per darmi una scossa.

Durante il lockdown hai scritto anche delle canzoni?
Si all’inizio ne ho scritte tante e ne ho anche fatto uscire diverse. Negli ultimi 3 o 4 mesi, invece, ho dovuto un po’ parcheggiare la chitarra perché la rifinitura finale del libro mi ha impegnato parecchio. Ora è il momento di riprenderla fuori.

Secondo te quando si potrà ripartire con i concerti dal vivo?
Per quest’anno la vedo ancora dura. Ci sono regole troppo rigide che significano tanti costi in più, costi che per un settore che non lavora da un anno e mezzo sono poco sostenibili. Speriamo l’anno prossimo.

Hai in programma delle presentazioni del libro anche dalle nostre parti?
Si, il 15 giugno lo presenterò a Modena in piazza XX Settembre.

di Giovanni Botti

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