Guns N’ Roses e deliri rock. Intervista ad Eliselle, curatrice di un’antologia di racconti

Nel lontano giugno del 1993 i Guns N’ Roses si esibirono allo Stadio Braglia di Modena per un concerto memorabile. C’eravate o ve lo siete perso? Forse non eravate ancora nati? Poco male, quel che è certo è che “Il dio del rock è severo ma giusto”, come recita il titolo di una bella antologia di racconti appena pubblicata da Les Flâneurs Edizioni, curata dalla sassolese Eliselle (nella foto) e dal bolognese Gianluca Morozzi.

Eliselle, com’è nato il progetto di questo libro?
L’idea mi è venuta all’inizio del 2020, prima che scoppiasse la pandemia. Volevo trasformare la storia dei Guns in una serie televisiva, pensavo a Dirt, ma anche a tutta una serie di film, rockumentary e serie televisive sul mondo del rock. A un certo punto ho buttato giù una scaletta ispirata ai Guns e all’immaginario intorno a loro. Poi, quando ci sono stati i lockdown, ho chiamato a raccolta autori che potessero essere interessati a offrire il loro contributo.

Quali erano le consegne?
L’idea era realizzare un’antologia molto libera, senza un genere preciso di riferimento, quindi gli autori erano tutti liberi di sperimentare. L’unico filo conduttore era appunto la scaletta che metteva in fila la vicenda dei Guns, le svolte e i momenti di crisi. Il libro contiene anche un qr code con una playlist da ascoltare.

L’impressione, in effetti, è di trovarsi tra le mani non un saggio musicale, ma una raccolta molto eterogenea di racconti…
È proprio quello che volevamo realizzare. Ognuno di noi ha ‘incontrato’ i Guns in modo diverso. C’è nel libro una libertà tale che ci permette anche di mischiare quelle che sono le informazioni storiche di diversi gruppi e di filtrarle attraverso una percezione soggettiva. Io per esempio, se ripenso ai Guns, ripenso ai tempi del liceo quando li ho scoperti per la prima volta, ma in realtà erano usciti molti anni prima, quando ero troppo piccola per apprezzare la loro follia.

Nei tuoi testi indaghi il fenomeno delle groupies?
Sì, ho cercato un approccio narrativo per restituire quella follia che era attorno a quei tipi di band, musicisti che si ritrovavano le ragazze dappertutto, magari non sapevano come gestire la situazione oppure la gestivano fin troppo bene. Sì, abbiamo cercato proprio di fare una cosa diversa dal solito.

Quando i Guns hanno suonato a Modena eri troppo giovane?
Non li ho visti in quella occasione però ricordo le follie di quei giorni perché avevo amici che volevano andare, c’era chi aveva fatto la lotta per trovare i biglietti, quindi io ho vissuto quei giorni da fuori.

L’Emilia è terra di rock, terra di musicisti: si sposa bene con il sogno americano?
Penso di sì, qui sono nati un sacco di artisti che ancora oggi dicono la loro. Per quanto mi riguarda non sono un’artista musicale, non ho mai cantato se non al karaoke, però ho sempre seguito, cercando di ascoltare molta musica, di non fossilizzarmi su un solo genere. Gli emiliani sono tipi variopinti, e io avevo questa compagnia di amici che era divisa a metà: c’era chi andava per discoteche e chi per concerti rock. Ho sempre avuto qualcuno che mi teneva aggiornata sui dischi che uscivano.

A proposito, sai che fine hanno fatto i Guns?
Beh, si sono rimessi insieme per il Coachella del 2016 e da lì in poi sono ripartiti. Probabilmente avevano un problema di soldi e hanno messo da parte tutti i vari ego, probabilmente fanno finta di niente, si odiano ma continuano a suonare insieme.

È un libro per appassionati o per neofiti?
Per entrambe le categorie. Chi conosce bene i Guns legge il libro gustandoselo, magari mettendoci insieme anche i propri ricordi, le proprie emozioni. Anche per i ragazzi giovani che non li conoscono secondo me potrebbe essere un buon strumento di partenza, perché è ben documentato e se magari vogliono togliersi degli sfizi o delle curiosità, in questo libro trovano tantissimo materiale da cui partire, oltreché una bibliografia per approfondire.

Il titolo come l’avete trovato?
In modo molto democratico, nel senso che abbiamo proposto agli autori una rosa di titoli. Alla fine quello che ha riscosso più consenso è stato scelto, e credo che interpreti bene lo spirito guascone del progetto, quello di un gruppo di amici che si mettono insieme anche per sorridere di quello che è successo e per mostrare che effettivamente il dio del rock può essere definito così, ma può anche essere identificato con il tempo che passa. E poi il primo racconto si apre con Thor, una delle divinità per eccellenza, quindi c’era anche questo richiamo iniziale.

di Francesco Rossetti

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