La stanchezza da Covid-19, intervista alla psicologa, dottoressa Giuliani

La pandemia ci sta mettendo a dura prova anche dal punto di vista psicologico. Prima eravamo spaventati, adesso siamo spaventati e stanchi. La D.ssa Cecilia Giuliani, Psicologa dell’Ausl di Modena, ci aiuta a capire cosa ci sta succedendo.

Durante il lockdown era attivo un servizio di consulenza telefonica per la gestione dello stress da Coronavirus. Ci racconta come è andata? Quante chiamate avete ricevuto e chi si è rivolto a voi?
Dal 20 marzo al 30 giugno abbiamo ricevuto quasi 1200 chiamate. La prevalenza è stata femminile e l’età media di poco superiore ai 50 anni. I cittadini chiedevano aiuto per sé o per un familiare ma hanno chiamato anche operatori sanitari alle prese con un sovraccarico emotivo. L’aiuto offerto era teso a decomprimere le emozioni più intense e abbiamo orientato chi necessitava verso la rete dei servizi”.

Quali le problematiche più ascoltate?
In fase 1 hanno prevalso la paura del contagio e l’angoscia nei familiari di malati e deceduti. Abbiamo visto la grande paura arrivare a ondate, anche sulla base delle notizie sentite, insieme a impotenza e rabbia. I cittadini vedevano i sanitari impegnati in prima linea ma i decessi erano comunque tanti. Veder mancare l’obiettivo del soccorso, nonostante il grande impegno, suscita emozioni umanamente difficili da reggere. A fine lockdown, si è aggiunta negli adulti l’ansia per la difficile ripresa delle attività lavorative e nei più giovani reazioni di evitamento prolungate, cioè l’incapacità di uscire“.

Lottiamo da mesi e mesi contro questo virus, adesso siamo stanchi, abbattuti e persino un po’ esausti. E’ questa la ‘Pandemic fatigue’ che l’OMS spiega come “risposta naturale a uno stato di crisi prolungata”?
Sì, è una reazione allo stress prolungato. E’ la percezione di non avere abbastanza energia, una stanchezza mentale avvertita sin dal mattino e si può manifestare anche come insofferenza alle misure di contenimento. Ansia, angoscia, panico, impotenza e rabbia, vorrei sottolinearlo, sono reazioni del tutto normali in una circostanza che di normale non ha niente. La reazione degli esseri umani agli eventi avversi è definita da tanti elementi tra cui quello biologico grazie al quale siamo naturalmente attrezzati per far fronte allo stress“.

Sembra una buona notizia, possiamo approfondire?
Lo “stress” è una risorsa che ci dà la natura per sopravvivere ai pericoli, una reazione innata del cervello emotivo che prepara il corpo all’azione. Le reazioni innate al pericolo sono in genere fuga, attacco o immobilità. Il covid è subdolo perché la minaccia del contagio è ovunque e in ogni persona. Minaccia il nostro sistema emotivo, cognitivo e sociale; infonde un senso di impotenza, suscita pensieri negativi e indefiniti. Con il covid la fuga non funziona e l’attacco è piuttosto un far fronte, un darsi da fare per combattere la situazione“.

Cosa possiamo fare per resistere e riposarci da questa fatica?
Il riposo è la prima cura. La pandemia ci impone di rallentare e dire stop alla frenesia a cui siamo abituati. E’ importante mantenere cicli di sonno regolari, perché un buon sonno ci aiuta a “digerire” le esperienze traumatiche e le emozioni difficili associate. Importante è anche fare delle cose, anche piccole, come cucinare e riordinare, e non farsi mai mancare qualcosa di gratificante, un po’ di musica, qualcosa di buono da mangiare o una chiacchiera con un amico. Parte della cura è anche un’attività fisica regolare, perché un corpo stanco è un corpo che riposa meglio. Quando i pensieri sono troppi, per un periodo troppo lungo, andiamo in loop. Se il corpo si muove, la mente funziona meglio e l’umore ne beneficia naturalmente“.

Adesso il servizio di ascolto è comunque attivo in presenza, giusto?
Noi psicologi siamo attivi sia in presenza che da remoto. L’emergenza ci ha insegnato cose nuove e ora siamo in grado di fare colloqui in video chiamata, abbiamo imparato a declinare l’intervento a distanza in modo che sia efficace al massimo. Attualmente tutti i servizi sono aperti per rispondere ai bisogni psicologici di adulti, adolescenti, bambini, famiglie, anziani e persone con fragilità“.

L’incertezza senza un orizzonte temporale preciso è faticosa, stiamo imparando l’arte dell’attesa?
Tutte le grandi crisi, pensiamo al terremoto del 2012, sono stimoli alla crescita. Uscire dalla sfida diventando più forti e aumentando la resilienza: con i nostri interventi cerchiamo di aiutare la comunità a fare proprio questo. Siamo attrezzati per far fronte allo stress che ha un inizio e una fine, ma ora ci troviamo in uno scenario aperto ed è assolutamente normale sentirsi affaticati e sfiduciati. Chiedere un aiuto psicologico è possibile e riconoscere la nostra fragilità umana è un segno di forza. Le mie esperienze personali e professionali insegnano che a fare tutto da soli non si vincono medaglie”.

 

di Patrizia Palladino

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