Il disco della settimana: le atmosfere rarefatte e notturne di Norah Jones nel suo primo live

Norah Jones – “Till We Meet Again” (Live)

Ne ha fatta di strada Norah Jones da quando, quasi come un fulmine a ciel sereno, apparve sulla scena della musica pop internazionale con l’album “Come Away With Me” e il singolo “Don’t Know Why”. Era il 2002 e quel disco fu subito, un po’ a sorpresa, un grande successo. Da allora la figlia di Ravi Shankar, mitico maestro di sitar di George Harrison, ha registrato otto album in studio, mantenendosi sempre a livelli qualitativi sopra la media, oltre a una marea di collaborazioni e a un paio di progetti collaterali molto interessanti come i Little Willies, band di country classico fondata insieme al suo bassista e, per un certo periodo, compagno Lee Alexander, e le Puss N Boots, ensamble femminile di alternative country.

Dopo l’uscita di “Pick Me Up on The Floor”, l’album del 2020 in cui aveva cercato di fondere un po’ tutte le sue influenze e le sonorità che aveva sperimentato nei lavori precedenti, la musicista newyorkese ha deciso di pubblicare per la prima volta in carriera un disco dal vivo. E questo “Till We Meet Again”, registrato tra il 2017 e il 2019 nel corso del suo tour mondiale che l’ha portata, tra gli altri paesi, anche in Italia, sembra una vera e propria collection live della 41enne cantante e pianista. Tra i 14 brani nella track-list, che la Jones esegue accompagnata tra gli altri, dal bassista Jesse Murphy, il fido chitarrista Jesse Harrris, il batterista Brian Blade, il flautista Jorge Continentino e il percussionista Marcelo Costa, ci sono infatti tutti i suoi classici a partire proprio dalla soffusa “Don’t Know Why” che la lanciò nel 2002, per proseguire con il country-pop di “Sunrise”, altro singolo di successo, e fino a “It Was You”, un soul-jazz notturno originariamente contenuto nell’album “Begin Again” del 2019.

L’atmosfera generale è soffusa e raffinata (a volte persino troppo), con un sound da jazz club caratterizzato dalla voce elegante e a tratti quasi sussurrata della cantante newyorkese, e il disco, pur non arrivando a colpire cuore e anima, si ascolta con grande piacere. Tra le canzoni, oltre a quelle già citate, segnaliamo anche l’iniziale “Cold Cold Heart”, classico di Hank Williams che Norah interpretava già nel suo album d’esordio, e la conclusiva “Black Hole Sun”, solo voce e piano, tributo all’ex frontman dei Soundgarden Chris Cornell. In conclusione un live decisamente affascinante, perfetto da ascoltare di sera.

di Giovanni Botti

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