Persone & Storie, il flauto magico di Andrea Griminelli

Per Mozart era ancora una fiaba, due secoli dopo in Emilia Romagna è diventato realtà. Il flauto magico è quello di Andrea Griminelli (nella foto), nato a Correggio, legatissimo a Modena (e al Maestro Pavarotti) e musicista globetrotter dal repertorio eterogeneo che spazia dalle orchestre classiche ai big del pop internazionale d’autore (Sting, Ian Anderson, Elton John, James Taylor, etc). Di recente Griminelli si è esibito nel duomo di Modena per un concerto speciale in occasione della Festa di San Geminiano, promosso da Modenamoremio e dalla Fondazione di Modena. L’abbiamo incontrato durante le prove, dentro la suggestiva Chiesa del Voto, all’incrocio fra via Emilia e corso Duomo.

Maestro, l’ultima volta che aveva suonato in Duomo era stato ai funerali di Pavarotti. Che ricordi ha di quel giorno?
Sono passati più di tredici anni ma ricordo bene quel giorno, ero emozionatissimo e addolorato. Suonai in mondovisione la “Danza degli spiriti beati” di Gluck, un brano che Luciano amava moltissimo, tanto che l’abbiamo suonato e cantato insieme spesso. Dirò di più, è stato Luciano a insegnarmi l’interpretazione di quel brano. Pavarotti è stato come un padre per me, c’era un rapporto di amicizia e stima. Esibirmi con lui era uno dei miei sogni di giovinezza. Del resto fu proprio lui a lanciarmi negli Stati Uniti. Era una persona generosa ed entusiasta.

Suonare senza pubblico che effetto fa?
Più o meno è la stessa cosa, la tensione è la stessa. C’è un pubblico collegato che assiste, seppur in video, a questa tua esecuzione. È chiaro, quello che manca è l’energia fisica, elettrica.

Il progetto discografico dedicato a Ennio Morricone è ancora in piedi?
Sì, ed è stato concepito quando il Maestro era ancora in vita. Tra gli ospiti ci sono Sting, Zucchero, Nek, il trombettista Chris Botti e altri che si stanno aggiungendo: tutti pezzi arrangiati da Diego Basso con diverse orchestre. Un progetto complicato da portare avanti in questo momento, con i teatri chiusi, le orchestre temporaneamente sciolte, gli studi di registrazione a scartamento ridotto. Ma confido che riusciremo a pubblicarlo entro il 2021.

Lei si è sempre trovato a proprio agio fra pop internazionale e classica: qual è il segreto?
Va detto che il flauto è uno strumento che è stato poco considerato nei secoli scorsi. Non abbiamo un repertorio paragonabile a quelli del pianoforte o del violino, seppure oggi flauto e violino possono essere avvicinati. Recentemente ho suonato il Triplo Concerto di Beethoven. Rispetto alla scena pop, mi sono aperto 30 anni fa, grazie al maestro Pavarotti che mi presentò al suo entourage ‘non classico’, quando abitavo a New York. Con molti di questi artisti siamo diventati amici e non abbiamo mai smesso di frequentarci, musicalmente e nella vita. Mi hanno aperto il paraocchi che avevo messo su quando studiavo al conservatorio di Parigi. E non mi sono sbagliato. Del resto per me suonare Morricone è come suonare Mozart, suonare Bach. Come diceva Pavarotti, esiste la musica bella e la musica brutta. C’è del brutto anche nel repertorio classico, se è per questo.

Con Ian Anderson, il leader dei Jethro Tull che le ha dedicato “Griminelli’s Lament”, vi sentite? Avete mai suonato insieme quel pezzo?
Sì, molte volte. Quel brano è diventato un po’ un classico per tutti i flautisti. E io considero Ian Anderson il più grande flautista rock di sempre.

Lei ha detto che il flauto è lo strumento che si avvicina di più alla voce umana: è davvero così?
Assolutamente. Nell’ultimo mio disco che si chiama “Nessun dorma” ed è dedicato a Pavarotti, ho perfino cambiato il mio tipo di esecuzione, utilizzando un vibrato un po’ tenorile. Il vibrato è simile al canto. Noi flautisti non utilizziamo le corde vocali, per il resto l’emissione dell’aria è la stessa di un cantante.

Com’è stato il 2020 sotto pandemia per i musicisti?
Molto, molto duro. Parto dal mio caso. Avevo una stagione piena di concerti: in Asia, Sud America, Stati Uniti, e ho dovuto rinunciare all’80% delle date. Eppure mi sento abbastanza fortunato rispetto ad amici musicisti che non sono più saliti sul palcoscenico. La scorsa estate sono riuscito a suonare molto, all’aperto. Ovviamente confido nel vaccino. Ho comunque firmato la petizione al ministro della Cultura per far riaprire i teatri, perché hanno dimostrato di saper garantire la sicurezza del pubblico.

di Francesco Rossetti

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