Qui, tra Rimini e Piacenza, si mangia bene: non è un luogo comune, ma una realtà corroborata da una diffusa cultura del cibo. Eppure non è l’olio extravergine d’oliva che ti viene in mente lungo la via Emilia. L’ulivo è una pianta mediterranea che mal si adatta ai freddi intensi e richiede piuttosto un clima mite e costante. Ma ora le cose stanno cambiando. A febbraio è nato il COER, il Consorzio Olio Extravergine di Oliva Emilia-Romagna, per promuovere e valorizzare un prodotto da riscoprire, come spiega la direttrice Antonietta Mazzeo (nella foto, la seconda da sinistra). “Secoli fa, in tutta la regione si coltivava l’ulivo. Non grandi numeri, ma c’era una vasta produzione autoctona. Quindi è la storia stessa a dirci che l’olivicoltura è parte di questa regione. Ci sono documenti che risalgono al 1.500, reperti come cocci di terracotta dove l’olio veniva conservato. Il Comune di Bologna fuori porta era completamente ricoperto di impianti di ulivi. Oggi il clima sta tornando favorevole e i produttori di olio d‘oliva si sono resi conto di questa opportunità: non tanto in termini di guadagno, ma di promozione di un prodotto speciale. Hanno estirpato alcune varietà di uve per favorire gli impianti di ulivi. Certo, oggi ancora in regione non riusciamo a fare una grande massa critica di questo prodotto, ma la direzione è giusta”.
Forse la Romagna è più adatta dell’Emilia ai fini dell’olivicoltura?
No, ci sono eccellenza anche in Emilia. Rispetto al modenese, penso alla zona di Castelvetro. Inoltre, nella scorsa campagna olearia, quella del 2020, è stato prodotto un extravergine meraviglioso con una cultivar che si chiama “vignolese”. Le assicuro che quell’olio, con una resa al 6%, è un gioiello con caratteristiche gusto olfattive straordinarie. Niente da invidiare ad altri olii.
Che significa cultivar?
È la terminologia tecnica per indicare la varietà della pianta. L’Emilia, ripeto, può avere un grande potenziale. Si sta diffondendo una rinnovata consapevolezza sull’importanza di questo prodotto.
Anche a scapito del vino?
No assolutamente, però faccio notare come l’extravergine sia un prodotto per tutti, dalla nascita alla morte. L’olio si comincia a utilizzare già nello svezzamento dei bimbi. Non è così per il vino rispetto al quale ci sono ovvie limitazioni. L’olio è un patrimonio della nostra dieta mediterranea.
Qual è la mission del Consorzio?
Accrescere e diffondere la conoscenza e la consapevolezza della storia e delle qualità di questo prodotto, da parte dei produttori, ma anche tra i consumatori. Ognuno di noi è attento al prezzo, quando fa acquisti. Se tuttavia ci fosse la consapevolezza che dietro a quel prezzo c’è un enorme lavoro e un grande bagaglio di conoscenza, allora quella consapevolezza potrebbe andare nella direzione della nostra salute. Alle caratteristiche nutritive, l’extravergine d’oliva associa proprietà salutistiche che prevengono moltissime patologie. Negli Stati Uniti l’olio extravergine d’oliva lo vendono nelle farmacie.
Quindi il riscaldamento globale va incontro al ritorno dell’ulivicoltura in Emilia Romagna?
Sì, tuttavia il riscaldamento favorisce anche la diffusione di maggiori parassiti come la mosca olearia. Un habitat favorevole è quella della collina dolce, soleggiata e ventosa.
Torniamo alle azioni che il Consorzio intende intraprendere…
La cosa migliore è promuovere l’oleoturismo, far conoscere di persona i piccoli produttori, accompagnare le persone al frantoio, portarle tra i filari, spiegare loro cos’è la drupa (il frutto con nocciolo), cos’è la mignola (il fiore dell’olivo). Puntare sulla qualità. E sulla formazione dei produttori, che magari non fanno questo come lavoro principale.
Il Consorzio da chi è rappresentato?
I fondatori sono cinque soci produttori con tre donne alla guida: la presidente (Julia Prestia) vive nel reggiano, la vicepresidente in Romagna, mentre io, che sono la direttrice, abito a Bologna. Posso dire che tanti altri stanno entrando in questo progetto. La sede è a Bologna, in Strada Maggiore, presso la sede della Confcommercio Ascom Bologna.
In definitiva, nell’iconografia gastronomica emiliana, accanto all’aceto balsamico, al parmigiano reggiano, al lambrusco e ai tortellini, dovrebbe trovar posto anche l’olio extravergine d’oliva?
Sì, io credo che lo troverà il suo posto. Questo prodotto sarà sempre più apprezzato, e in tanti si avvicineranno sempre di più. Perché è importante consumare prodotti di qualità. L’extravergine di oliva è la spremuta di un frutto e come tale, in quella spremuta, devo riconoscere i profumi che riconducono all’origine del frutto. Senza quelle note di amaro e quelle sensazioni di piccantezza, un olio extravergine d’oliva non sarebbe completo.
Per saperne di più, il sito internet del Consorzio è www.consorzioolioemiliaromagna.com
(di Francesco Rossetti)