I Rio salutano con un concerto-evento al Vox. Intervista al frontman Fabio Mora

(foto Stefano Raffini)

Gli americani lo chiamano “Farwell Tour”, che tradotto in italiano significa “tour d’addio”. Ed è così che potremmo definire “L’Ultima Rivoluzione Tour”, intrapreso dai Rio la scorsa primavera con l’obiettivo, dopo vent’anni, di salutare i propri fan, regalando loro anche un nuovo album, “Stellare”, e un concerto-evento finale, in programma il 18 novembre al Vox di Nonantola. Per l’occasione abbiamo fatto una bella chiacchierata con il frontman della band Fabio Mora.

Fabio, intanto perché avete deciso di chiudere, dopo vent’anni, l’avventura dei Rio?
I motivi sono diversi. Io già 4 o 5 anni fa avevo un po’ accusato l’arrivo delle nuove generazioni di autori e il cambiamento nel modo di scrivere. Poi c’è stato il covid che ha amplificato tutto e anche gli altri ragazzi si sono un po’ persi nei loro meandri. Io sono uno che non riesce a stare fermo, ho bisogno di creare e in quei due anni e mezzo ho realizzato un paio di pezzi da solista per l’Ospedale di Reggio. Il secondo, in realtà, lo dovevamo fare come Rio, ma i ragazzi non erano dell’umore giusto, quindi ho portato avanti questo progetto da solo, naturalmente avvertendo tutti. Questo mi ha spinto a guardare le cose in modo diverso. E poi ho anche pensato che, se dovevamo fermarci, era meglio farlo finché c’è ancora energia. Andare avanti solo perché lo si deve fare a me non piace.

Prima di chiudere, però, sono arrivati un nuovo album e un tour che si concluderà con un concerto-evento…
Di solito un gruppo che si scioglie pubblica un comunicato sui social e finita lì. Noi invece volevamo salutare chi ci segue e ci ha seguito con un regalo e una festa di addio.

Cosa succederà il 18 novembre al Vox?
Sicuramente sarà un concerto più lungo degli altri, faremo brani che non facciamo da anni, ci sarà anche una scenografia, quasi una novità per noi che abbiamo un approccio, in questo senso, molto punk. Inoltre, visto che quello del Vox sarà un evento in cui chiuderemo questi 20 anni con un grande saluto, ci verranno a trovare anche alcuni amici di lunga data. Però sul palco non credo che faremo grandi cose, penso che lo dedicheremo a noi.

Ci sarà anche qualche vostro compagno del passato?
Probabilmente si, qualcuno ci sarà.

Perché il vostro tour d’addio l’avete intitolato “L’ultima rivoluzione”?
Rivoluzione è intesa in senso copernicano, cioè l’evoluzione che fa un corpo celeste su sé stesso. L’ultima rivoluzione è un po’ come fare l’ultimo giro su sé stessi raccontandosi.

Il vostro ultimo album “Stellare” è un disco positivo, non trapela quel senso di malinconia che a volte avvolge il progetto finale di un percorso…
Ma noi siamo fatti così, il nostro principale intento è sempre stato quello di divertirci e far divertire, non potevamo fare l’ultimo disco in maniera diversa. “Stellare” è praticamente un regalo per chi ci ha seguito e ci segue ancora e la maggior parte delle canzoni sono dediche a chi ci ha fatto compagnia per questi 20 anni. Anche il 18 saluteremo tutti, magari con un pizzico di malinconia, ma sempre col sorriso sulle labbra. Tra l’altro, anche senza aver fatto pubblicità, la prevendita sta andando molto bene. Verranno persone dalla Sicilia, dalla Sardegna, dal Lazio, un po’ da tutta Italia. Anche gente che non ci segue più da tempo. E’ un evento che non si vogliono perdere e questo è un grosso segnale di affetto. Sono felicissimo.

Un affetto che potrebbe farvi tornare sui vostri passi?
Questo no, io non sono un nostalgico e se prendo una decisione, di solito, non torno indietro.  Poi non ho la sfera di cristallo, tra due anni magari, se le circostanze ce lo permetteranno e ci saranno le condizioni giuste, le luci della giostra dei Rio potrebbero anche riaccendersi. Chissà, mai dire mai.

Il tuo modo di scrivere come è cambiato in questi vent’anni?
Io sono un istintivo, ho sempre scritto con il cuore e la mia scrittura è cresciuta e si è evoluta con me. Una scrittura che però non si adatta a quella di un ventenne. Ci sono musicisti che a 50 anni scrivono come degli adolescenti, io non ci riuscirei, sarebbe come se a 55 anni volessi vestirmi come un ragazzino di 20. Si, potrei trovare degli escamotage, cambiare delle parole, ma il mio modo di comunicare rimarrebbe comunque lo stesso. Io ho bisogno di rivolgermi soprattutto a quelli della mia generazione.

Per il futuro che progetti hai?
Ma guarda, ho qualche progetto avviato. Vorrei, ad esempio, portare avanti quello con Mora e Bronski che è fermo da quattro anni. Nell’ultimo periodo, con il disco e il tour dei Rio, c’è stato un notevole dispendio di energia e non volevo prendere altri impegni. Una volta che questo cerchio sarà chiuso mi dedicherò sicuramente ad altro, che può essere tutto e il contrario di tutto.

di Giovanni Botti

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