Coronavirus: caldo, influenza e variante inglese, ne parla il professor Clini

I virus mutano in continuazione ed è la normalità, a dircelo sono gli scienziati. E’ normale, altresì, che emergano nuove varianti ed è quello che è successo con il Covid-19. La variante di cui abbiamo sentito parlare di più nelle ultime settimane, ma non è l’unica, è la variante inglese, quella che è stata isolata in Gran Bretagna e che viene segnalata ormai anche in almeno 50 paesi del mondo, compreso il nostro. Al Professor Enrico Clini, Direttore del reparto Malattie dell’Apparato Respiratorio dell’Azienda Ospedaliero-Universitaria di Modena, abbiamo rivolto alcune domande sulla pericolosità e contagiosità di questa variante e sulla sua diffusione nel nostro territorio. “Rispetto alla variante inglese del virus SarsCoV2 a Modena – risponde il Professore – non abbiamo informazioni specifiche e nemmeno una conoscenza rispetto alla potenziale diffusione locale o anche in area nazionale. Quello che leggiamo, dalla letteratura scientifica a disposizione, è che sicuramente sono stati isolati virus con delle sequenziazioni geniche diverse e che queste probabilmente hanno un modo diverso di comportarsi. Quello che conta, mi sembra di poter dire, stando a quello che è stato reso pubblico, è che i vaccini sembrerebbero funzionare anche su queste varianti. Probabilmente è solo una variazione che mette il virus nella condizione di diffondersi in maniera più rapida e di essere quindi più contagioso, ma un virus più contagioso non è necessariamente più patogeno, più virulento. Per quello che ne sappiamo oggi, insomma, non necessariamente questa variazione espone di più il paziente al rischio di sviluppare poi la malattia, questo non si può dire”.

Nel corso di una video-intervista con la stampa, il Professor Clini ha poi affrontato anche altri argomenti tra cui la potenziale relazione tra la diffusione del contagio e la stagione invernale: “Possiamo dare per assodato – le parole di Clini – che la stagione invernale favorisce la diffusione dei virus, compreso il Sars-Cov2. Abbiamo a disposizione alcuni dati sperimentali di laboratorio che mostrano come le temperature calde e umide rallentino la diffusione, anche se mancano dati sostanziali a dimostrare queste rilevazioni. D’altra parte, abbiamo visto che il virus si è diffuso, nei diversi emisferi anche nelle stagioni calde sebbene (come in Italia) in misura minore. Allo stato attuale, in attesa che la vaccinazione dia i risultati sperati, occorre limitarne la diffusione soprattutto con distanziamento, presidi di protezione e igiene delle mani a prescindere dalla stagione”.

In tema di influenza stagionale e Covid, il Professor Clini ha spiegato che “sebbene manchino ancora i dati definitivi, l’esperienza suggerisce che l’influenza abbia avuto un impatto meno importante, rispetto agli altri anni, proprio grazie alle misure di protezione e distanziamento che limitano la diffusione da COVID19 e che questa malattia pandemica in corso abbia un impatto sull’ospedalizzazione più alto del 20% di quella dell’influenza, per quanto riguarda il ricovero in ospedale, la necessità di ricorrere a terapie ventilatorie più o meno invasive, oltre che, purtroppo, per i decessi”.

Infine, relativamente ad una possibile correlazione tra il livello di inquinamento e la velocità di trasmissione del virus il Professor Clini ha segnalato che “al momento abbiamo alcune indagini epidemiologiche, ancora risalenti alla prima ondata. Quelle indagini epidemiologiche suggerivano una certa relazione tra le aree più industrializzare e la diffusione del virus, evidenza che, però, io non ho riscontrato nella mia esperienza. In attesa che siano portati a conclusione studi più sistematici, non c’è una prova scientifica di questa correlazione”.

di Patrizia Palladino

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