“Giustizia e Pace si baceranno”, la Lettera del Vescovo alla città per San Germiniano

Si intitola “Giustizia e Pace si baceranno” – Armi che distruggono e armi che edificano, la tradizionale Lettera alla Città dell’Arcivescovo Erio Castellucci, in occasione della Festa del Patrono San Geminiano, presentata con una conferenza stampa trasmessa anche in diretta sul canale Youtube “Arcidiocesi di Modena-Nonantola”. Ricordiamo che la Festa di San Geminiano sarà celebrata martedì 31 gennaio, con il ritorno del Corteo e con una funzione in Duomo tenuta proprio dall’Arcivescovo Castellucci. Ecco un estratto della lettera. (Clicca qui per leggerla in versione integrale).

“C’era una volta un vagone ferroviario» … sembra l’inizio di una moderna favola, una delle storie fantastiche a lieto fine che affascinano i bimbi. Purtroppo non è una favola e non è neppure a lieto fine. L’armistizio che segnava ufficialmente la conclusione della Prima guerra mondiale fu firmato l’11 novembre 1918 all’interno del vagone 2419D, posizionato nella radura di Compiègne, una cittadina a circa 80 km a Nord di Parigi. La Francia, tra le nazioni vincitrici di quel conflitto mondiale che aveva registrato più di 16 milioni di morti tra militari e civili e un numero ancora maggiore di feriti, inflisse all’Impero tedesco e ai suoi alleati, che avevano perso la guerra, una resa umiliante, sancita poi dal trattato di Versailles, siglato nel maggio 1919. Alla Germania, ritenuta principale responsabile del disastroso conflitto, furono addossati tutti i danni materiali della guerra: i suoi territori vennero ridotti al minimo e il suo esercito fortemente limitato; i vincitori pretendevano un risarcimento esageratamente esoso, pur sapendo che difficilmente sarebbe stato pagato.

Dal vagone di Compiègne uscì la pace, ma i tedeschi non ne uscirono rappacificati: ne furono anzi frustrati e si sentirono troppo ingiustamente puniti. Tanto che negli anni successivi, complice un’inflazione incontrollata con sacche di povertà e di fame mai provate dal popolo, crebbe in Germania il risentimento e l’odio verso i paesi che avevano vinto la guerra. Hitler se ne fece portatore: e se nel gennaio 1933 fu nominato Cancelliere del Reich, a seguito delle elezioni democratiche stravinte dal suo partito poche settimane prima, fu anche a motivo del riscatto nazionale da lui promesso nel suo delirante Mein Kampf (1925), nel quale programmava una vera e propria vendetta nei confronti di tutti coloro che, a suo giudizio, erano nemici del popolo tedesco, formato dalla razza superiore degli «ariani».

Quando Hitler, all’inizio della Seconda guerra mondiale, invase la Francia, nel maggio del 1940, conquistando Parigi poche settimane dopo e ottenendo subito la resa del governo francese, impose la firma dell’armistizio nella stessa carrozza 2419 D, e nello stesso punto, la radura di Compiègne, nel quale ventidue anni prima si era consumata l’umiliazione dei tedeschi. L’ignaro vagone, nel frattempo, era stato sistemato in un museo, costruito appositamente, ad un centinaio di metri dal luogo della firma; Hitler pretese che venisse portato fuori – il che comportò l’abbattimento di un grande muro – e collocato esattamente sullo stesso punto: così il 22 giugno 1940, dopo ore di estenuanti trattative, la Germania restituì alla Francia l’umiliazione ricevuta; ma questa volta, a differenza della precedente, il tutto avvenne sotto le telecamere e le macchine fotografiche, con decine di reporter e con la registrazione segreta di tutti i colloqui. La vendetta doveva essere impressionante, e lo fu.

Si racconta – e qui il tono ritorna ad essere quello della favola, perché mancano fonti sicure – che quella carrozza sia stata portata in Germania e sia stata distrutta dagli stessi tedeschi nel marzo del 1945, quando ormai gli eserciti alleati stavano per entrare a Berlino e decretare la fine del terzo Reich; forse i nazisti temevano una nuova rivalsa: magari i vincitori avrebbero nuovamente riesumato quel povero vagone per farne ancora il teatro di chissà quali umiliazioni…”

 

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