Il disco della settimana: “Luck and Strange”, il ritorno di David Gilmour

David Gilmour – “Luck and Strange”

La carriera solista di David Gilmour, mitico chitarrista dei Pink Floyd, non è mai stata caratterizzata da una grande prolificità. Solo cinque sono gli album in studio pubblicati dal 1978, data di uscita dell’omonimo “David Gilmour”, ad oggi, tre dei quali registrati negli anni Duemila. Anche per questo c’era moltissima attesa intorno alla nuova fatica del musicista di Cambridge, che arriva a nove anni dal precedente e non imprescindibile “Rattle That Lock”, il quale a sua volta era uscito nove anni dopo “On an Island”, il suo disco più celebrato che vedeva la presenza alle voci anche di Crosby & Nash. E già ad un primo ascolto di questo “Luck and Strange”, si ha la sensazione di trovarsi di fronte al miglior album solista della carriera di Gilmour, il più interessante e vario in certe soluzioni sonore.

Nove le canzoni nella track list (undici nell’edizione deluxe), due delle quali sono in realtà brevi strumentali di overture (“Black Cat”) o di raccordo (“Vita Brevis”), le cui liriche sono scritte tutte dalla moglie di Gilmour Polly Samson, se si esclude “Beetween to Points”, rarefatta quanto deliziosa ballata, cover di un brano dei Montgolfier Brothers, con la figlia del chitarrista Romany Gilmour alla voce principale, e la lunga e particolarmente pinkfloydiana “Scattered”, che chiude l’edizione normale del disco, il cui testo è scritto dall’altro figlio di David, Charlie Gilmour.

Molto bella anche la title track, un raffinato rock-blues che sembra fare il verso a certe cose di Mark Knopfler, mentre il primo singolo “The Piper’s Call” ha un intro più folk con una chitarra acustica in evidenza e si evolve in una ballata decisamente godibile. Come ricordavamo “Luck and Strange”, la cui produzione è affidata a Charlie Andrew, è uscito anche in edizione deluxe con due brani in più: “Yes, I Have Ghosts”, un’altra ballata dall’atmosfera folk, cantata da Gilmour assieme alla figlia Romany, e una lunga e strumentale jam conclusiva in cui viene ripreso il tema della title track. In conclusione un gran bel disco.

di Giovanni Botti

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