“Coltivare”, il nuovo progetto del cantautore modenese Alex Lunati

Ha il titolo programmatico di “Coltivare” la nuova proposta di Alex Lunati (nella foto). Anzitutto c’è un singolo dal suono curato e dal testo che suona come un invito: “coltiva il tuo tempo per non farlo soltanto passare”, prodotto e arrangiato da Valerio Carboni per la Engine Records. C’è un video (regia di Diego Camola), uno show di un’ora e mezzo con una nuova selezione di brani e soprattutto un progetto di sostegno concreto alle aziende che investono sugli alberi da frutto.

Alex, come ha preso forma “Coltivare”?
È un progetto a cui sto lavorando da un paio d’anni. È tutto nato dal testo della canzone, scritto da Alberto Foà ed Elisa Alloro. Il filo portante era quindi l’esortazione a dare forma a quello che viene enunciato nel testo: coltivare il proprio tempo, gli affetti, anche la terra che dà dei frutti. Di lì è venuta fuori anche l’idea di coinvolgere aziende agricole che ci consentano di adottare alberi da frutto.

Ha inciso anche l’alluvione dello scorso maggio in Emilia Romagna?
Era un’idea precedente, quella di devolvere parte del ricavato ad aziende agricole, ma visto quello che è successo, devolveremo tutto per la Romagna, per dare un segnale di rinascita, un segno positivo di aiuto concreto.

La canzone si apre con la tipica espressione di ‘braccia rubate all’agricoltura’, che tu ribalti nel verso successivo, cantando “magari…”. Come a mettere a valore la competenza di chi lavora la terra…
Sì, c’è anche un lato scanzonato, leggero, nella canzone. In fondo però è un inno al nutrire con ottimismo le proprie passioni. C’è bisogno di positività, mentre in giro, sui social, avverti tutta questa veemenza nell’evidenziare caratteristiche negative della vita che possono essere dannose, accentuare sempre fattori di sofferenza. La cosa migliore sarebbe seguire le proprie attitudini e passioni.

Le cose belle però richiedono un po’ di sforzo, come lavorare la terra. Le nuove generazioni sono disposte a farlo?
Vedo segnali discordanti. Da un lato si percepisce un allontanamento dal lavoro manuale della terra, ma vedo anche giovani che prendono appezzamenti e investono in progetti per coltivare magari qualcosa di particolare. Vengo da una famiglia di radici contadine, i miei nonni lavoravano la terra, ho assaporato quel tipo di mondo. E c’è un elemento personale: in questo momento ho esigenza di riscoprire natura e campagna. Ne ho fin sopra i capelli di uno stile di vita incentrato sulla fretta, sulla velocità, sull’accumulo, sull’essere competitivi.

Con una canzone promuovi alberi da frutto: è un modo per contrastare il riscaldamento globale?
Il discorso è vastissimo. L’alluvione in Romagna è stata dovuta alla grande quantità di acqua che è scesa improvvisamente, tuttavia denota anche un problema di sfruttamento del suolo non proprio ottimale nel corso dei decenni passati.

L’immagine che hai scelto è quella dell’innaffiatoio: perché?
È un oggetto simbolo, che sarà presente nelle serate live. Su di esso, in bella mostra, chi viene potrà trovare le coordinate iban per donare alla protezione civile.

Quali aziende avete scelto di sostenere?
Per esempio nel comprensorio di Faenza ce n’è una che consente l’adozione di alberi di cachi. Un frutto forse un po’ scomodo, ma buonissimo.

Il video dov’è stato girato?
L’abbiamo girato tra Spilamberto, Pavullo e Carpi per gli interni, tutto velocemente, in modo scanzonato.

Nella parte finale c’è una pioggia di 33 giri che ti arrivano come lanciati dall’alto…
Vero: al di là della forma vinile a cui sono legato, il messaggio è che anche la musica va sostenuta. Quella originale. Invece i canali per proporre materiali originali sono esigui, per contro c’è una tendenza a utilizzare solo band che fanno cover.

A proposito di cover, anche tu nel tuo spettacolo ti confronti con i grandi cantautori: quali?
Ho scelto pezzi tutti collegati al tema del coltivare. Si va da “Pigro” di Ivan Graziani a “L’isola che non c’è” di Bennato, a “Diamante” di Zucchero, poi De André, Battisti, Baccini col quale ho collaborato per quasi trent’anni.

Ci sono canzoni che affronti per la prima volta?
Sì. Un brano di Baccini che s’intitola “In fuga”, dedicato a Pantani. E uno di De André: “La ballata dell’amore cieco”, che propongo solo per piano e voce. Aggiungo che con Valerio Carboni stiamo lavorando a una riedizione di “Chiama di notte”, il pezzo che presentai al Festival di Sanremo nel 2003. Una canzone che mi da ancora tante soddisfazioni. Quest’anno è il ventennale, pensiamo a una versione piano, voce e archi.

di Francesco Rossetti

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