Il disco della settimana: “September November”, il ritorno dei Long Ryders

The Long Ryders – “September November”

Fondati nel 1981 dal chitarrista, cantante e compositore Sid Griffin, i Long Ryders fanno parte di quel movimento emerso a Los Angeles ad inizio anni ’80, noto come Paisley Underground. Una scena musicale alternativa che fondeva la tradizione folk-rock e psichedelica californiana dei seventies con elementi punk-rock e che ha prodotto gruppi di grande valore come Dream Syndicate, Rain Parade e Green on Red. Come altre band dell’epoca, ad esempio i già citati Dream Syndicate, i Long Ryders, il cui riferimento ai Byrds e alla loro miscela di country, rock e psichedelia, è evidente già nella “y” del nome, sono tornati da qualche anno alla ribalta dopo un lungo periodo di assenza, essendosi ufficialmente sciolti nel 1989. Nel 2019 hanno anche pubblicato un nuovo album, l’ottimo “Psychedelic Country Soul”, il primo dal lontano 1987, e ora, dopo quattro anni e con una pandemia in mezzo, hanno deciso di dare un seguito a quel lavoro, nonostante la recente scomparsa del bassista Tom Stevens.

Già ad un primo ascolto si nota come “September November”, questo il titolo del disco, sia decisamente più spostato verso il country-rock e il folk-rock dei ’70 e di gruppi come i Flying Burrito Bros o i Byrds del periodo Gram Parsons, piuttosto che verso quel vigore e quella aggressività punk che hanno caratterizzato gli episodi migliori del Paisley Underground. E bisogna dire che, come album di country-rock, “September November” è decisamente bello con, qua e la, deliziosi arrangiamenti acustici, grazie all’uso di strumenti come mandolino, bouzouki e lo stesso violino, suonato da Karenza Peacock, ex Coal Porters, la band bluegrass di Griffin. Due i tributi a Tom Stevens: la deliziosa ballata “Tom Tom” e l’altrettanto bella “Flying Out of London”, dall’atmosfera alla George Harrison, firmata dallo stesso Stevens per uno dei suoi album solisti. E tra i 12 episodi del disco c’è anche un brano strumentale dedicato all’Ucraina, “Song For Ukraine”, piuttosto intrigante. Sicuramente nulla di nuovo, ma un lavoro decisamente piacevole.

di Giovanni Botti

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