Una Mutina fondata da poco e un oscuro episodio raccontato da Tito Livio che vede la città occupata dai Liguri scesi dalle montagne. All’interno di questa situazione storica reale si sviluppa una storia in cui sono protagonisti alcuni personaggi completamente diversi tra di loro, quella raccontata dallo scrittore modenese Gabriele Sorrentino in “Mutina lo scontro fatale”, ultimo capitolo della quadrilogia dedicata a Mutina, ma in realtà una sorta di prequel. “La serie era iniziata con un romanzo ambientato nel 43 a.C. – spiega Sorrentino – il secondo vedeva per protagonista la Mutina di San Gemininano, mentre il terzo affrontava il periodo della Guerra Greco Gotica, quindi possiamo dire che questo ultimo capitolo sia un prequel. Il periodo è quello vicino alla fondazione di Mutina. Io però non parlo specificamente di questo, ma di un episodio accaduto qualche anno dopo”.
Di che episodio si tratta?
Siamo nel 177 a.C., la città è diventata da poco colonia romana e i romani hanno sottomesso anche i liguri frignati, il popolo che stava sulle montagne intorno a noi. Questi però, alla fine dell’anno, tentano un ultimo colpo di coda: scendono in pianura, occupano Mutina e vi rimangono fino alla primavera successiva. Nel frattempo i romani hanno recuperato un po’ di truppe e il proconsole Gaio Claudio Pulcro parte per liberare la città. Alla fine avranno ragione sia dei frignati che delle altre tribù liberate dalla loro rivolta.
Perché hai scelto questo episodio poco conosciuto?
Perché ho cercato di raccontare un momento di scontro tra civiltà. Questo periodo mi ricorda il Far West: abbiamo i coloni romani che, arrivati dal centro Italia, hanno cominciato a colonizzare la zona, e i popoli che c’erano prima, gli etruschi, i celti e i liguri. Ciascuno di loro ha un po’ di ragione e un po’ di torto. Io ho cercato di mettermi nei panni di queste quattro etnie e raccontare gli eventi dai loro diversi punti di vista.
I personaggi principali quali sono?
Innanzitutto Sextilia Minore, una colona romana che, dal centro Italia, è venuta su con la famiglia in cerca di fortuna ed ha sposato un uomo di Mutina. Lei ha un fratello gemello che io immagino essere militare proprio nelle legioni che saliranno nel tentativo di liberare la città. Bodorix, invece, è uno schiavo celta di Sextilia e di suo marito che si mette al comando di una rivolta di schiavi scoppiata nel momento in cui i liguri occupano la città.
E poi?
E poi c’è Umbar, il capo dei liguri, figlio di uno di quelli che erano stati sconfitti dai romani nella guerra precedente. E’ un ragazzo di 20 anni che si mette a capo di questa generazione di giovani liguri che provano il colpo di coda sperando che le altre tribù della zona si ribellino. Velia invece è un’etrusca che di cognome fa Mutna, perché questo potrebbe essere il nome della gens che fondò Mutina. Lei è sposata a un romano che viene dal centro Italia. Quindi c’è questo particolare incrocio di una donna romana sposata con un etrusco e una etrusca sposata con un romano.
Per caratterizzare bene i personaggi hai dovuto fare degli studi specifici?
Sicuramente quando costruisci un romanzo storico devi provare ad approfondire tanti aspetti della quotidianità dell’epoca. Io ho trovato cose curiosissime: ad esempio ai tempi gli italici non conoscevano la lievitatura del pane, una tecnica che apprendono successivamente dai Greci. Poi c’è tutto il tema del vestiario e degli armamenti. L’esercito romano non era ancora professionale e ciascun soldato si pagava da sé il proprio armamento, quindi troviamo corazze di cuoio, scudi ovali e armi diverse da quelle di una fanteria professionistica. Gli arcieri, ad esempio, erano utilizzati pochissimo, solo nelle grandi campagne visto che erano soprattutto mercenari greci o orientali. In un contesto locale l’arma da lancio più utilizzata era il giavellotto.
Mutina è il ‘personaggio’ che unisce i quattro capitoli della saga. Che Mutina è quella di quest’ultimo romanzo?
E’ sicuramente una città già murata, ma piccola e sottomessa, è parte di quella rete di città che dipendevano da Felsina, l’attuale Bologna. Tra le altre cose, non c’erano ancora l’anfiteatro e le terme, che arriveranno soltanto in epoca imperiale.
Conclusa la quadrilogia di Mutina hai qualche altro progetto?
Ma guarda, con l’associazione i Semi Neri, di cui faccio parte, ne abbiamo uno molto bello in cui parleremo di nostre tradizioni e metteremo insieme storia, narrativa e antropologia. Per quel che riguarda i romanzi mi fermo un attimo perché devo capire cosa fare da grande. Lasciare l’epoca romana un po’ mi dispiace perché è una sorta di comfort zone, ma non si può nemmeno grattare troppo il barile. Ci sarebbe la Modena etrusca che è difficile ma molto affascinante, altrimenti si apre tutto il tema del Medioevo che tra l’altro ho già esplorato anni fa.
di Giovanni Botti