Matteo Macchioni, il debutto da cantautore e la speranza di tornare nei teatri

Foto Stefano Muzzarelli

Ne sono passati di anni dal primo exploit nel talent show di Maria De Filippi nel 2009. Da allora Matteo Macchioni (nella foto di Stefano Muzzarelli) non si è più fermato, costruendo con passione e professionalità un’articolata carriera internazionale nell’universo operistico e della lirica che lo ha portato in giro per il mondo. A marzo ha anche debuttato come cantautore, con il pezzo “Questo grande albero” dedicato alla terra, intesa in un duplice senso: come la sua Sassuolo e come pianeta da salvaguardare.

Matteo, non si può non cominciare dalla pandemia. Cosa prova un’artista a restare fermo, senza la possibilità di esibirsi?
Sono stati tredici mesi molto difficili per tutti, non c’è dubbio. Tuttavia io non mi sono mai fermato davvero. L’unica attività che non mi è stato possibile fare è stata quella degli spettacoli in presenza, essendo chiusi i teatri. Non solo in Italia, ma in Europa e nel mondo. Anche viaggiare è diventato complicatissimo, se non impossibile, con un sistema dei tamponi piuttosto farraginoso. Io ho continuato a lavorare ad eventi digitali, in streaming, senza pubblico.

Cosa ne pensi dell’opera in streaming?
In linea generale penso che la tecnologia sia sempre qualcosa a cui guardare con interesse, mai con la puzza sotto il naso. Lo pensavo anche prima del Covid. Più le tv trasmettono l’opera a orari dignitosi, più si svolge una sorta di evangelizzazione culturale. Detto ciò, l’emozione che puoi provare dentro a un teatro non è paragonabile a uno spettacolo visto in streaming su uno smartphone o una smart tv. La tecnologia è un surrogato, ma da guardare con interesse”.

Come si allena un cantante d’opera costretto a casa?
Parlando in gergo sportivo, bisogna immaginare un campionato di Formula 1 con i piloti su macchine senza ruote. Allenarsi è impossibile perché le ruote sono come il palco di un teatro. Io continuo a mantenere la voce in esercizio, ma gli effetti nefasti di questo stop li verificheremo tutti nel momento in cui torneremo a fare le opere in presenza. In streaming è molto più semplice. Quando torneremo in presenza, sarà emozionante. Per il resto faccio molto sport: corsa tutti i giorni, 7-8 chilometri.

Com’è nata l’idea di “Questo grande albero”, la canzone fruibile gratuitamente su YouTube?
Nasce da questi mesi di grande difficoltà per tante persone. Anche dal mio restare fermo. Normalmente sono abituato a fare 25-30 mila chilometri all’anno in aereo. A Sassuolo, dove abito, di solito ci cambio solo le valigie. Questo lockdown mi ha dato modo di fermarmi un po’ e di guardarmi indietro. Sono andato a rivedere i luoghi della mia infanzia: dove sono cresciuto, dove ho giocato. In una notte insonne mi sono messo al pianoforte con le cuffie e la canzone è nata in un paio d’ore.

Dentro c’è anche una forte spinta ecologista…
Il mio è un ambientalismo molto semplice. Dentro a “Quel grande albero” è racchiusa la speranza di poter nuovamente tornare a sognare e respirare liberi, ma questa libertà può palesarsi soltanto come figlia di un cambio radicale del nostro modo di intendere la vita e ciò che ci circonda. Per ogni albero che non c’è più, dobbiamo farne crescere due nuovi.

Continui ad amare Rossini e Mozart?
Sì, sono il mio pane quotidiano e continueranno ad esserlo. Tuttavia la mia voce è in evoluzione come tutto, come il buon vino o l’aceto balsamico. Nel tempo anche la voce diventa più corposa. Ci sono opere che vorrei affrontare come il “Falstaff” di Verdi, nella parte di Fenton, e il “Gianni Schicchi” di Puccini. Si stanno aprendo possibilità per ruoli diversi da quello che è stato il mio core business fino ad ora.

Progetti futuri?
Ci sono già molte cose in atto per la seconda parte del 2021 e per il 2022: in parte in Italia, in parte all’estero. Con l’agenda mi spingo fino al 2023, considerati tutti i progetti dell’anno passato che sono stati posticipati. Ma i teatri aspettano a fissare le date perché sono ancora in una condizione di attesa, sempre per via del Covid.

Cosa hai posticipato?
Per esempio una grande produzione enorme del “Così fan tutte” alla Royal Opera di Danimarca, e un “Barbiere di Siviglia” in tour per il Regno Unito.

Ci sono palcoscenici che vorresti calcare?
Mi piacerebbe esibirmi alla Royal Opera House di Londra o al Metropolitan di New York e farò di tutto per poterci andare prima o poi. Ma mi piace anche ritornare in posti dove sono già stato.

Un’ultima domanda: sei vaccinato?
No, aspetto pazientemente il mio turno. Penso che la sacrosanta precedenza vada alle persone più anziane, ai più fragili, anche a qualche categoria specifica come gli operatori sanitari, le forze di polizie, gli insegnanti delle scuole, ma sono arrabbiato quando leggo di avvocati, per fare un esempio, che hanno saltato la fila.

di Francesco Rossetti

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