Chiedi di farti i nomi degli autori di colonne sonore italiani e ti risponderanno: Ennio Morricone, Nicola Piovani, quello de “La vita è bella”, qualcuno forse ti citerà il Nino Rota del Padrino e dei film di Fellini. E la lista si esaurirà lì. Peccato perché la storia del nostro cinematografo ne ha tanti altri di compositori. Uno era perfino nato a Carpi. Il grande Carlo Rustichelli, classe 1916. Nella sua lunga carriera, questo straordinario artista-artigiano ha lavorato a quasi cinquecento colonne sonore, anche all’estero con Billy Wilder, per film russi, inglesi, tedeschi. In Italia ha musicato i film di Pietro Germi, Mario Monicelli (ricordate “L’armata Brancaleone”?), Bolognini, Risi, Pier Pasolini (anche lo straordinario corto “La ricotta”). Tra tutte le colonne sonore, quella che preferiva era per “Le quattro giornate di Napoli” di Nanni Loy, un film decisamente dimenticato.
Era nato e cresciuto nella città dei Pio. Il padre era custode e primo usciere del Municipio, oltre che guardiano dell’economato. Da ragazzo Carlo faceva le consegne in bicicletta per uno zio che vendeva tessuti… quando non studiava musica, una passione ereditata dai genitori, entrambi cultori d’opera. Il padre amava in particolare Verdi e voleva che il figlio studiasse il violoncello. Carlo preferiva lo sport, il calcio in particolare, ma proseguì con la musica perché i maestri riconoscevano in lui una predisposizione. Studiò armonia a Modena presso il Maestro Valentini, un sacerdote, quindi prese il diploma alla Filarmonica di Bologna. Poi, superati i vent’anni, in pieno fascismo, raggiunse a Roma la sorella (entrata nel coro del teatro dell’Opera) per studiare composizione presso il Maestro Dobici, direttore del conservatorio di Santa Cecilia.
La prima composizione operistica fu dovuta all’incontro nella capitale con Don Zeno Saltini, amico di gioventù carpigiana, che gli chiese di insegnare musica agli adolescenti abbandonati della sua comunità, nella Nomadelfia di San Giacomo Roncole. È lì che Rustichelli compose i tre atti de “La vittima”, su libretto dello stesso Don Zeno. Il tema era l’eterna lotta tra capitale e lavoro. Poi vennero i film per una carriera con titoli di ogni genere: da “Totò cerca casa” ad “Amici miei” (foto), da “Sedotta e abbandonata” a “Detenuto in attesa di giudizio”, con protagonista l’amico Alberto Sordi. Una carriera da stakanovista del cinema: già nel 1952 il musicista portava a termine dieci colonne sonore per arrivare ad un ritmo di circa trenta film all’anno. Sempre con un’eccezionale capacità di adattarsi alle differenti esigenze di ogni film. Quando una volta gli chiesero: “Si trovò sempre bene a lavorare con Germi?”, lui rispose con ironico understatement: “Sì, anche se era più importante che lui si trovasse bene con me…”.
di Francesco Rossetti