Nel nome di Don Lorenzo Milani, maestro di vita: intervista a Danilo Bertani

Danilo Bertani (foto) è un signore dall’aspetto gioviale che va per gli ottanta, con una vicenda umana che può ispirare (e di fatto ispira) molte persone. Con la sola quinta elementare, quando aveva un’età ormai prossima alla pensione, si è rimesso a studiare, a leggere, a coltivare memoria e conoscenza per poi condividerla, attraverso l’attività associativa e una serie di preziose pubblicazioni. Nasce da questa spinta positiva anche il suo ultimo libro appena pubblicato da Artestampa: “Don Lorenzo Milani. L’intervista mai avvenuta”.

Danilo, quale percorso umano lo lega a don Milani?
Questo libro nasce nel 2007. L’avevo lasciato nel cassetto; ora, nel centenario della nascita, è venuto il momento di pubblicarlo. Più che un libro è una recita, un’intervista. Devo però fare una premessa. Io sono un alfabetizzato di ritorno. Dopo la licenza elementare ho cominciato subito a lavorare. Dopo qualche decennio, mentre ormai mi avviavo a raggiungere l’età della pensione, ho pensato che invece di nascondermi dietro un mazzo di carte da briscola o da pinnacolo, sarebbe stato meglio che tenessi in allenamento la mia memoria. Mi sono iscritto alle famose 150 ore, la scuola serale, spinto da un reale desiderio di migliorare la mia istruzione.

E come si trovò?
La verità è che alle 150 ore si insegnavano cose che conoscevo già. Però almeno mi confrontai per la prima volta con una lingua straniera, e scoprii le biblioteche: io prima non c’ero mai entrato. Ho cominciato a usare il computer. Poi mi sono iscritto alle superiori: ci voleva coraggio perché ero il più vecchio della scuola, ma ho trovato professori che mi hanno accettato e voluto bene. Uno di loro mi ha fatto conoscere gli scritti di don Milani.

Ecco, torniamo al libro…
Ho cominciato a leggere e mi sono sorpreso perché capivo perfettamente quello che diceva. Ho letto tutto di don Lorenzo, non solo la Lettera a una professoressa, e man mano mi appuntavo quello che mi colpiva di più. Così è venuto fuori il testo. Fatto di domande e risposte. Ho realizzato una sorta di collage che credo trasmetta molto del pensiero di don Milani.

Lei è anche molto legato a Barbiana, il minuscolo e isolato luogo dove don Lorenzo operò…
Isolato, sì. Pensi che la prima volta che ci andai, non riuscii ad arrivare. Pensavo di trovare una strada normale, invece non era asfaltata e il camper non ci passava. La seconda volta trovai tutto chiuso, la terza volta finalmente incontrai qualcuno. Da lì, dagli incontri che ho fatto, è nato questo libro.

Secondo lei don Milani parla anche alle generazioni di oggi?
Senz’altro. Va riproposto e vanno fatte conoscere le sue grandi intuizioni. Don Milani diceva che “quando avete buttato nel mondo d’oggi un ragazzo senza istruzione, avete buttato in cielo un passerotto senza ali”. Oggi i ragazzi hanno l’illusione di conoscere il mondo e possono accontentarsi, invece devono coltivare la propria curiosità.

Lei è anche presidente dell’associazione Gruppo Don Milani di Modena, giusto?
I greci dicevano: conosci te stesso. Conosco i miei limiti, per questo sono solo vicepresidente. Ho sempre cercato di avere di fianco persone di cultura. Il primo presidente è stato Francesco Totaro; ora è Josè Carrasso, con il prezioso aiuto di Claudia Vellani.

Lei da anni compie una ricerca anche sulla Modena pre-unitaria: cosa ha scoperto?
Modena è stata una città piuttosto pacifica sotto gli Estensi. Quando i Savoia vennero, Francesco V se ne andò senza sparare un colpo. Non venne distrutto nulla e non morì nessuno. Non tutti sanno che l’aula magna delle scuole Marconi è intitolata “sala delle giunchiglie”. Perché nei moti del 1848, a Modena venne organizzato un corteo pacifico che sfilò lungo la passeggiata delle mura, sfoggiando mazzolini di giunchiglie. Questo fiore può essere considerato il simbolo di un possibile cambiamento senza spargimento di sangue. C’è poi una vicenda legata all’istruzione.

Cioè?
A Modena c’è una lunga tradizione di scuola gratuita aperta a tutti, dal figlio del contadino al figlio del dottore. All’epoca c’era la scuola del leggere, scrivere e far di conto, istituita dai gesuiti già a fine 1.500, per esempio alle San Bartolomeo. Nell’800 Francesco IV istituì un ministero dell’istruzione, mentre nel 1849 Francesco V approvò una riforma scolastica con l’introduzione del sistema metrico decimale. Insomma, l’accesso e la promozione dell’istruzione è fondamentale: lo testimoniano la mia vita, l’insegnamento di don Lorenzo e la stessa storia di Modena.

di Francesco Rossetti

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