Ilenia Ferrari (nella foto) lavora da oltre vent’anni per il piccolo schermo. Professione: autrice televisiva. Residenza: Carpi. Domicilio: Nonantola. Nonostante il lavoro la porti costantemente a Milano, Ilenia ha voluto restare ben piantata sulle sue radici emiliane. In questi anni sta lavorando al programma di Massimo Gramellini: “Le parole della settimana”, il sabato sera su Rai Tre. “L’ultima stagione”, spiega Ilenia, “nonostante o forse grazie alla pandemia, è stata la migliore. Abbiamo raggiunto due milioni di telespettatori che per un programma che fa informazione e cultura, beh, è davvero molto”.
Ilenia, come sei approdata alla tv?
Ci sono arrivata per serendipità. Studiavo Scienze della Comunicazione all’Università di Bologna, quando la inaugurò Umberto Eco. In bacheca trovai appesa la proposta di un corso autori a Mediaset. Era un corso gratuito e prestigioso. Ho pensato: perché no? Ma in realtà volevo studiare cinese o fare la giornalista sportiva. Poi ho capito di essere sempre stata innamorata della televisione ed è diventata presto anche una professione.
La tv, l’hai guardata molto?
Sì, ci sono cresciuta. A scuola sono sempre andata molto bene, però facevo i compiti con la tv accesa.
Invece il cinese, l’hai poi studiato?
No. Il cinese è una lingua che devi imparare da giovane e vivendo in Cina qualche anno, se lo vuoi parlare bene. Però 4/5 anni fa, per un programma con Beppe Severgnini, ho incontrato una sinologa (Giada Messetti) che è tuttora una delle mie migliori amiche. Così, presto ci andrò anch’io, finalmente, tanto più che mio marito frequenta già la Cina per lavoro, compatibilmente con la pandemia.
Sei stata allieva di Umberto Eco, quanto manca alla cultura italiana?
Ha lasciato un vuoto che nessuno al momento riesce a colmare. Se tu cercassi oggi un intellettuale italiano così completo, capace di andare dalla semiotica al fumetto, beh, non lo trovi, non esiste. Io, tutti gli anni a febbraio, sto male, quando penso alla sua scomparsa.
Quanta navigazione social c’è nella tua dieta quotidiana?
Tantissimo, adesso è diventata una necessità, anche per il tipo di programma che faccio. Sono convinta che i social coltivino le legioni di imbecilli di cui parlava Eco, ma penso anche che siano un trampolino per grandi talenti, soprattutto giovani, che diversamente non emergerebbero. Ti faccio un esempio: nel programma di Gramellini c’è uno spazio di arte curato da un ragazzo di 26 anni, Jacopo Veneziani, scoperto su Twitter. È bravo ed è emerso grazie ai social.
Il tuo è un lavoro di gruppo?
Necessariamente. È un lavoro che non esiste senza una squadra. Le idee si condividono e il merito della riuscita di un programma televisivo è sempre del gruppo.
Com’è lavorare con Gramellini?
Io lo definisco un cardionauta, perché sa viaggiare nel cuore dei personaggi, degli ospiti, degli ascoltatori. È molto umile perché sa di essere un giornalista di carta stampata (e uno scrittore) prestato alla televisione. Però il conduttore televisivo lo fa bene, negli anni ha trovato una sua misura. In più ha il pregio di non circondarsi di ‘yes man’ o dame di compagnia. Il nostro gruppo di lavoro è molto dialettico ed eterogeneo. Si lamenta solo del fatto che non leggo ogni mattina il Caffè, la sua rubrica sulla prima pagina del Corriere.
Quanto conta l’ironia nel tuo mestiere?
Per me moltissimo, perché aiuta a sdrammatizzare un lavoro che assorbe molto per giornate e fatica. Però l’ironia in tv è difficile da far passare, devi sempre trovare una chiave. Passa la battuta comica, mentre l’ironia non sempre viene colta. Quando lavoravo con Rocco Tanica e la battuta ironica non veniva capita, avevamo pronta una canzoncina ‘umorismo che cadi nel vuoto…’.
Cosa cambia tra lavorare a Mediaset o alla Rai?
Cambia molto: l’una è privata, l’altra è pubblica. Io però mi sono trovata bene in tutti e due i contesti.
Cosa guardi in tv?
Tutto, ma veramente tutto. Soprattutto l’intrattenimento.
Cosa ti è piaciuto di più, ultimamente?
L’esperimento di Pio e Amedeo: non tutti i contenuti, ma per il coraggio che hanno avuto. Ho seguito con molto piacere l’Isola, Amici. Rimango quella ragazzina che ballava con la Cuccarini. Se invece ti aspettavi che ti dicessi Alberto Angela, no.
Hai seguito l’evolversi della carriera di Alessandro Cattelan: è un fenomeno?
Sì, è completo, è il futuro, ora però deve trovare una chiave sua di fronte alla sfida di Rai Uno. Finora ha fatto quello che gli piaceva fare, ora su Rai Uno dovrà assicurare la tenuta degli ascolti. Spero che abbia successo perché se lo merita.
Cosa ne pensi della recente polemica tra Rula Jebreal e la trasmissione Propaganda?
Non amo gli ismi, compreso il femminismo oltranzista. Ho trovato esagerata la reazione di Rula, perché Propaganda è un programma attento, con ospiti femminili. Sarei più dalla parte di Diego Bianchi, però sì, capisco la battaglia di principio di Rula.
di Francesco Rossetti