Combattente della fede: il nuovo libro di Valerio Massimo Manfredi

Narra l’incredibile storia vera di un missionario religioso che imbraccia le armi, “Quinto comandamento”, il nuovo romanzo di Valerio Massimo Manfredi pubblicato da Mondadori che lo scrittore di Castelfranco presenterà al Forum Monzani domenica 16 dicembre alle 17.30.

Manfredi, questa volta abbandona la storia antica per cimentarsi con una vicenda dei nostri giorni…
In realtà quasi la metà delle mie opere è ambientata in tempi recenti o contemporanei. Ma dopo “Aléxandros” sono stato inchiodato a un’immagine. Ad ogni modo, questo romanzo è ambientato negli anni ‘60, durante la sanguinosa guerra civile nel Congo belga.

E’ una storia vera, quella di Padre Angelo Pansa. Come lo ha conosciuto?
Per caso. Ero al Premio Scanno, in un bel borgo abruzzese. Venivo premiato per la letteratura, mentre lui, un missionario saveriano, era lì per la sua azione in difesa dell’ambiente in Amazzonia. Ha accennato ai suoi anni nel Congo, parlando di ‘mercenari’. Ricordo che la cosa mi colpì. Gli chiesi di continuare a raccontare.

Qual è la sua storia?
Era stato inviato in Congo dalla Santa Sede, la quale aveva previsto che, con l’indipendenza del Congo, si sarebbe scatenata la violenza. Presto la situazione era precipitata, in seguito alla secessione della provincia del Katanga, nel pieno del confronto fra gli americani (che sostenevano Mobuto) e i sovietici legati a Lumumba. Si scatenò una lotta senza quartiere. Padre Pansa una volta raggiunse una delle loro missioni dove vivevano suore. Scoprì che ne era sopravvissuta solo una. Le altre erano state barbaramente uccise. Questa suora, con le sue ultime energie, lo implorò: ‘per l’amor di Dio, fate qualcosa perché non c’è limite alle sofferenze che dovranno affrontare queste ragazze’.

Poi cosa successe?
Raccontò tutto ai suoi superiori. Gli dissero: noi dobbiamo solo pregare, al resto ci pensa la divina provvidenza. Lui obbedì, ma in un secondo momento prese accordi con il nunzio apostolico per organizzare un commando di mercenari che potesse intervenire a difesa degli innocenti. Pensava: va bene la divina provvidenza, ma a volte bisogna darle una mano.

Il romanzo racconta queste azioni?
Sì, in quattro anni, alla testa di questo commando di 50 uomini, Padre Pansa ha liberato 1582 ostaggi. Mi sono reso conto che la sua storia andava raccontata, perché aveva un protagonista del tutto straordinario.

Perché non farne un reportage?
Non sono un giornalista. Ho pensato che la forma romanzo – per l’80% verità, con un 20% di finzione – fosse il modo più adatto per raccontare quello che era successo: i sentimenti, le emozioni, l’orrore, il massacro, il dolore, le torture. Quest’uomo ha compiuto imprese pazzesche.

Un uomo di fede come fa ad abbracciare le armi?
Una volta gli hanno fatto questa domanda e lui ha risposto parlando dei suoi mercenari. ‘Se, come spero – ha detto – dovessi andare in paradiso, prima chiederò se ci sono anche loro dall’altra parte. E se non ci dovessero essere, non ci vorrò andare nemmeno io’.

Come ha fatto Padre Pansa a lasciare le armi e a dire a se stesso ‘ora basta, questa vicenda si è chiusa’?
Non ha mai staccato. Anzi, lui voleva tornare in Congo. Sono stati i suoi superiori a spedirlo in Amazzonia.

Un’ultima domanda: il protagonista di questa storia ha letto il romanzo?
Capitolo per capitolo. Ogni volta che ne avevo terminato uno, glielo leggevo. E a lui venivano le lacrime agli occhi.

 

di Francesco Rossetti

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