II 2024 è un anno storico per l’atletica a Modena. La Fratellanza raggiunge la veneranda età di 150 anni, mentre la Corrida di San Geminiano stacca il numero 50 nel conto delle edizioni. Per una concomitanza del genere, non poteva che esserci un testimonial d’eccezione, ovvero Stefano Baldini, campione olimpico nella maratona ad Atene 2004. “Sono felice di tornare a Modena – ci ha raccontato l’ex atleta ora allenatore – un ambiente che frequento da sempre, prima da atleta mentre adesso da allenatore. Il fatto che una manifestazione come la Corrida vada a compiere 50 anni in concomitanza dei 150 de La Fratellanza dà la misura di quello che è stato costruito nel tempo, e di quanto l’atletica sia importante, sia dentro che fuori dal campo di via Piazza. Ormai è diventato un appuntamento classico”.
Baldini, che cosa significa per lei la Corrida?
“L’ingresso nel mondo dei grandi, dato che ho partecipato alla mia prima Corrida da Juniores, nel 1990. Lì per la prima volta ho potuto toccare con mano che cosa significhi correre con gli adulti. Quel giorno mi feci anche notare dal professor Gigliotti, il cuore pulsante de La Fratellanza e della Corrida. Oltre che essere stato il mio allenatore, è stato l’artefice dei risultati che abbiamo ottenuto in giro per il mondo, allenandomi tra Rubiera e Modena”.
Che ricordi ha invece riguardo alla vittoria nell’95?
“Era una giornata soleggiata, abbastanza fredda, in un momento della mia vita sportiva già di ottimo livello, ma che non era quella da Europei, Mondiali o Olimpiadi. Fu un passaggio fondamentale verso l’atletica di alto livello”.
Quali sono i consigli per un corridore amatoriale che vuole approcciarsi a questa manifestazione?
“Qualche ragazzo che seguo partecipano alla Corrida, e la reputano come l’appuntamento dell’inverno. Veniamo da un gennaio caratterizzato da un clima abbastanza buono, e quindi c’è ancora la possibilità di concludere nel migliore dei modi la preparazione. Non sempre c’è stata questa possibilità. Io andrei a provare il percorso. A parte forse il centro, il resto del tracciato può essere tranquillamente testato. Ci sono un paio di punti, soprattutto a Cognento, un po’ ostici, come il sottopassaggio della tangenziale. Proverei anche i cavalcavia, che possono risultare difficili, soprattutto nel ritorno verso Modena. Infine, cercherei di godermi la giornata appieno”.
A proposito del professor Gigliotti, com’era il vostro rapporto? Il soprannome “professor Fatica” è azzeccato?
“Letterariamente parlando sì, ma il prof era geniale nella sua curiosità. Nonostante avesse vinto tanto con i suoi atleti, non ha mai smesso di aggiornarsi, perché anche se sei il numero uno hai sempre qualcosa da imparare. Il nostro è stato un rapporto importante, e lo è tutt’ora. Quando ho smesso di fare l’atleta, occupandomi delle nazionali giovanili, l’ho voluto con me come tecnico della Nazionale. Ancora oggi è il mio primo consigliere. Sono grato di avere la possibilità di attingere alle sue conoscenze”.
Che cosa l’ha spinta a rimanere sempre molto legato a questa zona?
“Ad oggi una ventina di mezzofondisti della Nazionale hanno scelto di vivere ed allenarsi tra Rubiera e Modena. Esiste un accordo tra la Corradini e La Fratellanza, e questo è la chiave per far si che nel tempo questo territorio possa diventare un punto di riferimento. Qui c’è terreno fertile per fare atletica di alto livello, per via degli impianti, delle persone e anche della storia”.
Oltre ai 50 anni della Corrida e i 150 della Fratellanza, nel 2024 si festeggia anche un’altra grande ricorrenza…
“Sono passati vent’anni dalla medaglia d’oro ad Atene. Ho tantissimi ricordi legati anche alla preparazione a quella gara. Come l’ultimo allenamento di 35 km fatto il giorno di Ferragosto, insieme a Lucio Gigliotti vicino a casa sua, in zona cinema Raffaello, quindi nelle strade di campagna. Nonostante i 32 gradi, quell’ultima sessione ci convinse definitivamente che si sarebbe potuto fare qualcosa di importante. Poi da lì a vincere la medaglia d’oro ci sono stati 42 km, corsi veramente alla perfezione. E’ stata la prima volta per me, ma non è stato un caso che ci sia riuscito alle Olimpiadi, perché ci eravamo allenati anni e anni affinché questo accadesse”.
di Mattia Amaduzzi