Storie di Sport: Antonio Pergreffi, dai campetti di periferia alla serie B

(Foto Campanini-Baracchi)

Antonio Pergreffi è uno di quei giocatori che la gavetta l’ha fatta sul serio. Partito dai campionati dilettantistici è riuscito a crescere stagione dopo stagione fino ad arrivare a debuttare in serie B a 34 anni con la maglia del Modena. E lo scorso 15 ottobre, al Braglia contro il Como, ha segnato i suoi primi gol tra i cadetti, addirittura una doppietta. “Ho fatto tutto il settore giovanile nell’Albinoleffe che mi aveva preso dalla Fiorente Colognola, allora in serie D”, racconta il capitano gialloblu. “Nel momento in cui dovevo entrare in Primavera però non fui scelto e andai all’Alzano Cene in Eccellenza. Da lì è partita la mia carriera. Vincemmo il campionato e fummo promossi in D, poi tornai indietro in Eccellenza e Promozione e di nuovo in D prima con il Pontissola poi a Lecco, dove feci il mio anno migliore. Fu in quel momento che mi prese il Piacenza in C”.

Come è nata la tua passione per il calcio?
Mio papà aveva giocato nella De Martino dell’Atalanta, ma quando sono nato io aveva già smesso. Però continuava a giocare al sabato con gli amici e spesso mi portava a vedere le sue partite. A sei anni andai alla scuola calcio di Colognola, perché al mio paese, Alzano San Paolo, ai tempi non c’era. Non conoscevo nessun bambino però mi trovai subito bene.

Negli anni dei dilettanti non hai mai pensato di smettere?
In realtà ai tempi lavoravo con mio fratello che ha uno studio di amministrazioni condominiali. In serie D mi allenavo al pomeriggio e facevo un part time la mattina, ai tempi dell’Eccellenza invece, ci si allenava di sera e facevo giornata piena. Però ho sempre pensato a migliorarmi nel calcio e l’idea di abbandonare non mi è mai passata per la testa.

Hai sempre giocato difensore centrale?
No, da piccolino facevo il terzino sinistro. Poi, in prima squadra, mi hanno spostato al centro e non mi sono più mosso. Il mio modello? Sicuramente Chiellini.

L’esordio tra i professionisti quando è avvenuto?
E’ stato col Piacenza in Coppa Italia a Parma. Fu molto emozionante. Dopo aver girato tanti campetti, l’affrontare uno stadio del genere da subito l’idea del tuo carattere.

C’è stato un allenatore che ti ha aiutato più degli altri?
De Paola a Lecco. Lui mi ha trasmesso l’amore per quello che stavo facendo e per la maglia che indossavo come nessuno prima.

I tifosi gialloblu ti hanno conosciuto per una doppietta al Modena col Piacenza, poi sei venuto qui e adesso sei capitano in B…
E’ vero, sembra incredibile. Era l’anno in cui il covid fermò il campionato, io avevo già rescisso il contratto col Piacenza visto che avevano annunciato che avrebbero puntato sui giovani. Dovevo decidere se andare a Padova o venire qui. A Modena però c’era Matteassi che avevo avuto a Piacenza, sapevo come lavorava e quando mi ha chiamato non ci ho pensato due volte a seguirlo. E’ stata la mia fortuna.

La serie B però l’avevi già sfiorata a Piacenza…
Si è successo un paio di anni prima di venire a Modena. Perdemmo nell’ultima giornata a Siena la promozione diretta, tra l’altro sulla panchina del Siena c’era Mignani, e poi perdemmo la finale play off contro il Trapani. Quell’anno possiamo dire che la B l’abbiamo persa due volte.

Te la immaginavi così dura?
La immaginavo sicuramente impegnativa, ma così tosta ed equilibrata sinceramente no. Quindi bisogna rimboccarsi le maniche settimanalmente, anzi giornalmente. E’ l’unico modo per ottenere risultati.

L’anno scorso qual è stato il momento chiave, quello dopo il quale avete pensato che ce l’avreste fatta?
Credo che la partita con l’Imolese sia stata il segnale più forte. Dopo che abbiamo preso quel rigore all’88’ le speranze si erano davvero ridotte, poi, clamorosamente, ha fatto gol Gagno, il portiere. Una cosa incredibile! Lì abbiamo capito che niente ci avrebbe più fermato.

A Modena come ti trovi?
Benissimo, la reputo ormai la mia seconda casa. Voglio bene alla gente di Modena e vedo che la gente vuole bene a me. E poi io un po’ di sangue emiliano ce l’ho. Mio nonno è nato a Correggio e lì aveva una azienda vinicola. Si chiamava cantine Pergreffi e faceva sia vino che acqua.

C’è una cosa in particolare che ti piace di Modena?
Sicuramente il Duomo. E’ bellissimo! Dopo l’allenamento mi piace fare una passeggiata in centro perché la città è sempre viva e calorosa. Se passeggi per Bergamo nel pomeriggio non trovi un’anima, qui invece sembra sia sempre sabato o domenica.

Il tempo libero come lo passi?
Guarda, quando torno a casa mi voglio godere la mia famiglia e i miei figli, perché poi scappano e il tempo che non passi con loro è tutto tempo perso. Adesso ho il piccolino che gioca nell’Atalanta e voglio seguire il suo percorso di crescita, come ha fatto mio papà con me.

In futuro ti vedi come allenatore?
Mah, è difficile da dire. Non è immediato che uno che ha giocato in determinate categorie possa anche essere un buon allenatore. Di sicuro mi piacerebbe prendere i patentini, quelli sono qualcosa che ti resta. E poi rimanere nel mondo del calcio, magari più come procuratore o osservatore. Stare soprattutto con i ragazzi che sono in fase di crescita.

di Giovanni Botti

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