Storie di Sport: Giovanni Zaro, il gigante della difesa gialloblù

Foto Campanini/Baracchi

Contro l’Arezzo, due domeniche fa, Giovanni Zaro ha segnato il suo primo gol in questo campionato. Difensore, classe ’94, fin dal suo arrivo si è fatto apprezzare dai tifosi per la sua leadership e la gestione nel reparto arretrato. Quest’anno, dopo un’estate in cui si vociferava un suo possibile addio, si è fatto valere diventando un titolare inamovibile anche con mister Mignani. In questa intervista abbiamo anche percorso a ritroso il suo cammino come calciatore, parlando, tra le altre cose, della sua esperienza nelle giovanili dell’Inter.

Giovanni, ormai mancano poche partite alla fine di questo campionato, potresti tracciarmi un bilancio?
Sicuramente è stato un bilancio positivo. Poi ovvio, per come si era messo il nostro campionato c’è un po’ di delusione: all’inizio di gennaio eravamo primi in classifica e adesso siamo quarti staccati di molti punti. Quindi c’è un po’ di rammarico per come è proseguito il girone di ritorno. Io sono dell’idea però che il nostro campionato sia stato positivo, perché siamo alle spalle di squadre che hanno investito e hanno rose di grande valore.

I play-off sono alle porte, come si affrontano partite da “dentro o fuori”?
Con la stessa mentalità con cui si affrontano le partite importanti. La differenza è che se sbagli una partita del genere poi la stagione è finita. Il margine di errore è minimo, e servirà ancora più concentrazione del solito. Sono convinto che chi sbaglierà di meno avrà l’opportunità di andare più avanti possibile.

Quanto mancherà l’apporto del pubblico in partite come queste?
Sono qui a Modena già dall’anno scorso e ho avvertito parecchio la mancanza del nostro pubblico, che è fantastico e molto caloroso. Il girone B sarebbe stato molto bello a prescindere, vista la presenza di piazze come Perugia e Padova. Sono convinto che tutti i tifosi avrebbero assistito ad un campionato di livello.

Adesso facciamo un salto indietro, quando ti sei appassionato al calcio?
Fin da piccolo. Anche mio padre giocava a calcio, ma non in categorie eccezionali. Ho iniziato più tardi rispetto agli altri bimbi, verso gli 8/9 anni. Però sono sempre stato portato e piano piano ho cominciato a giocare nelle squadre giovanili. Prima nel Como, e poi tutta la trafila nel settore giovanile della Pro Patria, squadra nella quale sono cresciuto. In mezzo ci sono stati due anni vissuti uno all’Albinoleffe e uno all’Inter.

Che esperienza è stata giocare in un settore giovanile di una squadra importante come l’Inter?
Sicuramente è stata una bellissima esperienza, perché è una fortuna che hanno in pochi. Spesso capitava che ragazzi della primavera si allenassero in Prima Squadra. Non ti dico che è stato un sogno che si avverava ma quasi: fino all’anno prima certi giocatori li vedevo in televisione mentre lì ho avuto la fortuna di affrontarli e di allenarmici insieme. Sotto questo punto di vista è stata una grande emozione. Continuo a pensare che quello delle squadre Primavera sia un mondo un po’ a parte, perché quando si affrontano categorie come la C e la D coi grandi la mentalità è molto diversa. In Primavera si punta maggiormente sul bel gioco, mentre nel calcio vero si bada di più al sodo.

Dunque sei d’accordo con la presenza delle squadre under-23 in serie C?
Penso che sia un’esperienza diversa e, se affrontata con serietà come sta facendo la Juventus, che ha allestito una rosa di valore con qualche giocatore di categoria, penso che sia una cosa positiva. Nel girone A la Juve non sta sfigurando e credo che sia un modo per i giovani di conoscere prima il calcio dei grandi, rispetto ad un percorso come il mio.

Come interpreti il ruolo del difensore?
Un difensore è contento quando si finisce la partita senza aver subito gol, ma è ancora più contento se, come con l’Arezzo, riesce anche a fare gol. All’inizio giocavo da centrocampista, ma poi a 12 anni arretrai di posizione: di solito questo accade quando non sei bravo davanti. Sono un difensore a cui piace impostare l’azione e giocare con la palla.

Adesso si parla tanto di questa “costruzione dal basso”, che cosa ne pensi di questo modo di giocare?
A me piace, perché penso che per il mio modo di giocare, è una cosa a cui sono molto predisposto. Come molte altre cose nel calcio, però, ti può portare dei vantaggi ma anche degli svantaggi: in certi casi puoi correre dei rischi, ma se fatta bene, può portarti a fare gol in maniera più semplice. Per esempio l’Inter, che è una squadra molto brava nella costruzione dal basso, ha quasi vinto il campionato ed ha dei giocatori predisposti a giocare in questo modo. Se invece alleni una squadra qualitativamente meno forte, devi adattarti alle caratteristiche dei giocatori a disposizione e optare per altri sistemi.

Ormai sono due anni che sei a Modena, come ti trovi?
Fin da quando sono arrivato mi sono trovato subito bene, è una città molto calorosa. Sicuramente l’anno scorso l’ho vissuta di più. Mi mancano alcune cose, come il giro in centro con la morosa o andare a mangiare fuori, ma ce ne si fa una ragione. La città è molto accogliente, come la tifoseria, e spero di essermi fatto voler bene fin dall’inizio.

di Mattia Amaduzzi

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