Teatro: “Orgia” di Pasolini al Ridotto dello Storchi

(ph Margherita Caprilli)

Orgia è l’unica tragedia di Pier Paolo Pasolini da lui stesso diretta e allestita nell’autunno caldo del 1968 a Torino. L’opera in versi è ora riproposta in forma di originale lettura, con protagonisti due grandi interpreti della scena teatrale italiana, Federica Rosellini e Gabriele Portoghese, in scena al Ridotto del Teatro Storchi dal 10 al 14 aprile. La pièce è una produzione di Emilia Romagna Teatro ERT / Teatro Nazionale, realizzata nell’ambito del progetto 2022/23 Come devi immaginarmi dedicato a Pasolini e ideato dal direttore di ERT Valter Malosti insieme allo studioso Giovanni Agosti. Costituita da un prologo e sei episodi, la tragedia fu allora interpretata dall’attrice e musa pasoliniana Laura Betti nel ruolo della Donna e da Luigi Mezzanotte nel ruolo di Uomo, e fu pubblicata solo postuma da Garzanti.
La vicenda si sviluppa nella camera da letto dell’Uomo e della Donna, coniugi di mezza età appartenenti alla ricca borghesia cittadina. La coppia si prepara a consumare un rapporto di estremo sadomasochismo. L’Uomo è carnefice ma nello stesso tempo è usato dalla Donna che accetta ogni violenza con felicità ed obbedienza, complice del proprio sfruttamento. Incapace di ripristinare una inconsapevole e tacita obbedienza al potere, la Donna si suicida. L’Uomo ripropone lo stesso rito, senza però riuscirci, a una giovane ragazza. Rimasto solo si ribella alla sfera del potere e rivendica la propria diversità vestendosi da donna. Ma la scissione dei due ruoli, l’Autorità, il Potere, il Padre da una parte e la sua diversità dall’altra, porta anche lui al suicidio. Si impicca dopo il monologo finale, rivolto direttamente agli spettatori.

Raccontano gli attori: «La prima volta che Gabriele Portoghese lesse il prologo di Orgia, diversi anni fa “Lui” è già morto, col cappio al collo, parla al pubblico e prima che la vicenda cominci si congeda dicendo “E, ora, divertitevi” – sovrappose a quell’impiccato un altro famigerato anti-eroe col cappio al collo, Mackie Messer. La prima volta che Federica Rosellini lesse l’ultima frase del monologo finale di “Lei” – “si dirà: è morta per un alito d’aria” – pensò di ritrovare qualcosa di se stessa. E l’immagine del fiume che ritornava in quelle parole le parve quasi lo specchio di una geografia dell’anima».

Nell’estate del 2021 Portoghese e Rosellini, durante una residenza nel Centro Teatrale di Santacristina, sollecitati da Valter Malosti, si avventurano in una lettura di tutta la pièce di Pier Paolo Pasolini, in una dimensione di gioco, sperimentando assieme il piacere e la curiosità per questo testo.
«Si comincia – scrivono –. Gabriele viene di nuovo investito dall’effetto Messer, con tutto il suo straniamento: un’ironia crudele su una partitura dolorosa. Federica si ritrova a cercare “il limite del tempo” nella profondità liquida di quelle acque che la riportano a casa: una consolazione dolce in un’insonnia in cui i sogni sono dei déjà vu».

 

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