Il Disco della Settimana: “J.T.”, il tributo di Steve Earle al figlio scomparso

Steve Earle & The Dukes – “J.T.”

La carriera di Steve Earle, uno dei cantautori texani più intensi e sinceri, è sempre stata caratterizzata da cadute e rinascite, da grandi dischi affiancati ad altri più deludenti. Spesso in polemica con la politica americana (ricordiamo ad esempio “John Walker’s Blues”, la canzone dedicata al ‘Talebano Johnny’ del periodo immediatamente successivo all’11 settembre o l’ironica “Condi, Condi”, sorta di presa in giro di Condoleeza Rice, segretario di stato di Geroge W. Bush), Earle ha però saputo spesso anche interpretare i sentimenti più comuni e raccontare storie di tutti i giorni. La sua musica negli anni si evoluta da un country-rock in alcuni casi anche piuttosto ruvido, ad un folk-country-blues tendenzialmente più acustico che evidenzia l’influenza di miti della musica texana come Guy Clark e Townes Van Zandt, artisti ai quali Earle ha dedicato dei tributi appassionati (in particolare “GUY” del 2019).

Quello uscito nei giorni scorsi (ma era già stato diffuso in precedenza sulle piattaforme digitali), è sicuramente il suo tributo più difficile, ma anche il più sincero e sentito. In “J.T.”, infatti il musicista texano rende omaggio al figlio Justin Townes Earle, anch’egli cantautore sulle orme del padre, morto la scorsa estate a soli 38 anni dopo una lunga dipendenza dalle droghe. Undici le canzoni del disco, dieci di Justin Townes, interpretate da Steve con voce, se possibile, ancora più roca e ‘strascicata’ del solito, e una sua nuova composizione, la dolente ballata “Last Words”, vero e proprio saluto al figlio scomparso. “J.T.” è un disco decisamente bello ed emozionante, che ci fa scoprire la bravura di Justin Townes come autore e ci riconsegna uno Steve Earle davvero ispirato, accompagnato ancora una volta dai fidi Dukes. E brani come la deliziosa ballata “Far Away in Another Town”, con organo e pedal steel, il country-folk “They Killed John Henry”, che sembra uscito dalla penna di Guy Clark, o l’altra delicata ballads “Turn Out My Lights”, guidata da steel e violino, ancora con Clark tra le note, non hanno nulla da invidiare allo Steve Earle migliore, quello di “Train a Comin’” o “El Corazon”. Da ascoltare assolutamente.

di Giovanni Botti

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