Il disco della settimana: Lucinda Williams e il suo “cuore Rock’n’Roll”

Lucinda Williams – “Stories From a Rock’n’Roll Heart”

Lucinda Williams è, a parere di chi scrive, la più importante cantautrice americana degli ultimi trent’anni e forse più. Questo per la sua unicità nel ricco panorama del cantautorato femminile a stelle e strisce, per la sua personalità, ma soprattutto per l’influenza che ha avuto e continua ad avere su colleghe più o meno giovani. A 70 anni compiuti lo scorso gennaio e nonostante un ictus che l’ha colpita a fine 2020 l’abbia parecchio limitata nei movimenti, l’artista della Louisiana è ancora sulla cresta dell’onda. L’ha dimostrato col sofferto quanto intenso concerto tenuto a Milano ad inizio anno e lo dimostra con questo nuovo album, che esce a tre anni dal precedente “Good Souls Better Angels” (in mezzo però ci sono stati i divertissment della serie Lu’s Jukebox). Se il precedente lavoro aveva un’atmosfera più scura e rock-blues, “Stories From a Rock’n’Roll Heart” risulta più diretto, più rock come si evince dal titolo, e ci presenta una Williams che sembra rigenerata anche nella voce.

Aiutata da alcuni amici illustri, da Bruce Springsteen che, assieme alla moglie Patti Scialfa, duetta con lei nei due brani più immediati della raccolta, al cantautore Jesse Malin che l’affianca, qui e la, alla composizione, fino alle emergenti Angel Olsen e Margo Price, Lucinda propone una serie di canzoni equamente divise tra tosti rock’n roll, come l’iniziale “Let’s Get the Band Back Together” dai profumi sudisti, e ballate strascicate ma emozionanti nella più classica tradizione della casa. Se “New York Comeback”, il primo singolo pubblicato sulle piattaforme streaming, ha un ritornello cantato assieme al Boss, decisamente accattivante, la sequenza finale del disco è da antologia. Dopo la vibrante “This is not My Town”, guidata da un organo quasi psichedelico e con Margo Price alla seconda voce, parte una serie di tre ballate da brividi: “Hum’s Liquor”, con una bellissima apertura nel ritornello, “Where the Song Will Find Me”, ancora più intensa e malinconica, e la conclusiva e più briosa “Never Gonna Fade Away”. Da ascoltare e riascoltare.

di Giovanni Botti

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