Il disco della settimana: “The Zealot Gene”, il ritorno dei Jethro Tull

Jethro Tull -. “The Zealot Gene”

Era dal 2019, quindi da prima dello scoppio della pandemia, che si parlava di un nuovo album dei Jethro Tull, il primo della band britannica dal disco natalizio del 2003. Un lavoro atteso con curiosità anche perché nel 2014 lo stesso Ian Anderson, in occasione dell’uscita del suo progetto solista “Homo Erraticus”, aveva dichiarato che i Tull erano arrivati al capolinea, per poi cambiare idea tre anni più tardi in occasione del 50° anniversario del loro primo album “This Was”. Ad onor del vero bisogna dire che ormai dei membri storici della band, a parte Anderson, non c’è più nessuno, nemmeno il mitico chitarrista Martin Barre, che nel 2011 ha intrapreso la carriera solista, quindi si può tranquillamente affermare che questo ‘The Zealot Gene’ altro non sia che un nuovo album della Ian Anderson Band, rinominata Jethro Tull. Fatte queste premesse, quello a cui ci troviamo di fronte è, un po’ a sorpresa, un disco decisamente interessante, caratterizzato dal più classico Anderson sound, quel mix di elettrico e acustico, rock e folk con elementi prog e qua e la anche jazz e blues.

Ciascuno dei 12 brani del disco parte da un episodio della Genesi, anche se lo stesso Anderson ha sottolineato che “The Zealot Gene” non è un album sulla Genesi e nemmeno un disco di forte polemica nei confronti della religione come era stato “Aqualung”. Il testo biblico è solo uno spunto da cui partire per riflettere su tematiche attuali. Il flauto e le chitarre, acustica ed elettrica, sono ampiamenti presenti come in un disco che si rispetti dei Jethro Tull, mentre la voce del leader, pur sembrando più bassa e affaticata del solito, risulta comunque credibile, soprattutto negli episodi acustici. Tra le canzoni segnaliamo la scura e intrigante “Mine is The Mountain”, aperta dal piano e con uno sviluppo vagamente Prog, la folkeggiante “Jacob’s Tales”, con l’armonica in evidenza al posto del flauto, e la deliziosa “Three Loves, Three”, folk song dall’atmosfera rinascimentale. Un gradito ritorno per uno degli artisti più originali della nostra epoca.

di Giovanni Botti

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