Il disco della settimana: “Things Happen That Way”, il testamento artistico del grande Dr John

Dr John – “Things Happen That Way”

Dr John, al secolo Malcolm John Rebennack jr, è stato probabilmente il più importante musicista di New Orleans, quello che ha portato il suono della Crescent City in ambito rock e ad un pubblico più ampio. Scomparso nel giugno del 2019 per un attacco cardiaco, “il Dottore” ha fatto però in tempo a registrare un ultimo album, una sorta di testamento artistico, sulla falsariga di quelli realizzati in passato da altri grandi personaggi del mondo rock come Warren Zevon, Gregg Allman e David Bowie. Un album della cui uscita si era parlato già nei giorni immediatamente successivi alla morte del musicista, ma che, complice la pandemia, è uscito soltanto un paio di settimane fa. E possiamo tranquillamente dire che l’attesa non è stata vana perché “Things Happen That Way” è un grande disco, nel quale Dr John reinterpreta, con una voce affaticata e malaticcia, ma anche per questo estremamente affascinante, una serie di brani di altri artisti assieme a quattro canzoni firmate di suo pugno.

Un album che strizza l’occhio al country e ai suoi classici, a partire da Willie Nelson, di cui Rebennack canta, con voce sofferta, la celebre “Funny How Time Slips Away” e che duetta con lui nel traditional gospel “Gimme That Old Time Religion”. Due i brani di Hank Williams Sr, riproposti in versioni di grandi intensità, in particolare “Ramblin’ Man”, che Dr John trasforma in uno dei suoi tipici soul-blues limacciosi e da paludi della Louisiana, ma anche l’arcinota “I’m So Lonesome I Could Cry”, lenta e quasi susurrata. Interessante inoltre la scelta di “End of The Line”, brano dei Traveling Wilburys (Dylan, Petty, Harrison, Jeff Lynne e Roy Orbison) interpretato assieme alla voce angelica di Aaron Neville. Tra le canzoni a sua firma segnaliamo invece la scura e quasi voodoo “I Walk On Guilded Splinters”, già contenuta nel capolavoro “Gris Gris” del 1968 e qui riproposta assieme ai Promise Of The Real di Lukas Nelson, e la nuovissima “Holy Water”, tra gospel e southern soul. Uno splendido commiato.

(di Giovanni Botti)

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