“Sofia in cerca di se stessa”, intervista alla scrittrice Riccarda Riccò

Il mistero e la bellezza dell’Appennino modenese fanno da sfondo a “La conoscenza di Sofia”, il romanzo che la giornalista, scrittrice e insegnante modenese Riccarda Riccò (foto) ha pubblicato per le edizioni Del Loggione. Il libro si può acquistare direttamente in libreria, ma anche come ebook. Una vicenda scandita in 50 brevi capitoli che segue passo dopo passo la trasformazioni interiori della protagonista. Proprio da qui parte la nostra intervista.

Riccarda, chi è Sofia?
Sofia appartiene alla Modena bene, è una privilegiata. Annoiata e vuole cambiare vita e decide di lavorare per la prima volta. Non ha bisogno di lavorare, ma lei è molto stanca, in crisi con il fidanzato storico, vuole mettersi alla prova. Ha due lauree, ma accetta una supplenza in montagna.

La montagna: è un po’ una seconda protagonista del tuo romanzo, giusto?
Sì, non fosse altro perché l’idea è partita proprio da un luogo del nostro Appennino: il Ponte del Diavolo. Non è un vero ponte, in realtà è un monolite che si trova fra Pavullo e Lama Mocogno. È un blocco di pietra misterioso, quasi inspiegabile, e un giorno ho pensato che lì, se succedesse un omicidio, non troverebbero l’assassino. Ecco, da lì è nata la spinta per immaginare una storia.

Hai scritto il libro durante il lockdown della primavera 2020?
No, l’ho scritto prima. Fondamentale è stato partire dall’immaginare la vicenda in un ambiente montano. Io sono originaria di Sestola, è lì che ho vissuto i miei primi 14 anni. Poi, con le superiori, sono arrivata a Modena.

Sofia invece fa un percorso inverso: da Modena finisce per trasferirsi in montagna. Dove esattamente?
Va a lavorare in una scuola a Montecenere come insegnante di sostegno di un ragazzino autistico. All’inizio le scene sono anche comiche, perché Sofia si trova in una discomfort zone. A quel punto inizia la sua trasformazione, un po’ sulla falsariga simbolica delle metamorfosi di Kafka. All’inizio fa fatica a riconoscere questo scarafaggio che è in lei, ma capisce bene che non ne può più dell’ambiente che ha frequentato fino a quel momento, fatto di botulino, di plastica, e ambisce a trovare un ambiente puro, incontaminato in montagna. Ma anche la montagna ha le sue regole ferree e può esser molto dura. Si ritrova in un ambiente scolastico dove tutti parlano di questo personaggio maschile chiamato il lupo. Lo zio del ragazzino autistico.

La vicenda prende via via i colori del giallo…
Si, un giallo che si fonde con una vicenda anche rosa, perché lei s’innamora di questo ‘lupo’ che è un uomo tutto d’un pezzo, maturo, con un passato oscuro. Il giallo si basa sul fatto che la madre del ragazzino è stata uccisa e questo omicidio non è mai stato risolto”. Sofia indaga? “Sì, comincia a indagare e contemporaneamente rimane attratta dal lupo, quest’uomo ferito e ruvido, così diverso dal cliché dell’uomo ricco, bello e giovane.

Quali sono i luoghi del romanzo?
Sono diversi. Volevo davvero mettere in evidenza dei posti belli del nostro appennino tosco-emiliano che a loro volta diventano strumentali al racconto. C’è la chiesa del Diavolo a Roncoscaglia: così è chiamato l’oratorio di San Biagio. C’è dunque l’attrazione verso il proibito, il contrasto fra le forze del bene e del male. È chiamata chiesa del Diavolo per via delle sculture d’animale in arenaria che fanno pensare a un luogo pagano convertito al culto cristiano. Poi c’è il Lago della Ninfa sulle pendici del monte Cimone. Una leggenda vuole che ci sia una presenza femminile che attrae i viaggiatori e li fa scomparire. Ricorda il mito delle sirene di Ulisse, il loro canto. Il senso di tutto è che anche per Sofia scoprire la verità ha sempre un prezzo.

E poi?
Poi c’è Ospitale di Fanano, con le sue pietre pre-romane. Lavagne che non conosce nessuno. Le ho scoperte tramite una puntata di Applausi che ho condotto anni fa per TRC. È un posto che se fosse all’estero, farebbero pagare un biglietto”. Che tipo di scrittura hai utilizzato? “La mia finalità è quella di una lettura leggera, a tratti anche divertente, che tuttavia va in profondità, facendo meditare. C’è poi la vicenda gialla. Alla fine Sofia scopre chi è l’assassino. Compie il suo percorso di maturazione. È importante anche il suo rapporto con il suo allievo autistico, Giulio. Lui sa chi ha ucciso sua madre. Lei nel frattempo cambia. Capisce che quella umanità trovata in Giulio le trasmette molto di più della sua vita precedente, fatta di ricchezza, feste e privilegi.

Tra te e Sofia c’è qualche somiglianza?
Di sicuro non è un romanzo autobiografico, non sono ricca come Sofia e non faccio parte della Modena bene. Forse c’è qualcosa di me nel personaggio del lupo, per il suo bisogno di isolarsi.

Un’ultima curiosità: è vero che hai lavorato con Verdone?
Sì, ma moltissimi anni fa, dopo aver fatto un corso di teatro. Da anni vivo con un doppio ruolo di giornalista, perlopiù televisiva, e insegnante.

di Francesco Rossetti

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