Ermes e la Bruna, storia d’amore e trattoria. La raccontano in un libro Angelo Giovannini e Francesco Battaglia

È un volume elegante, pieno di aneddoti e fotografie, “Le ricette della Bruna”, scritto a quattro mani da Angelo Giovannini e Francesco Battaglia per l’editore modenese Artioli. Contiene le mitiche ricette della signora Bruna, restituite in modo accurato e filologico, e il racconto della coppia che ha animato per quasi sessant’anni l’altrettanto mitica trattoria Ermes di via Ganaceto 89, in centro a Modena. Una storia d’amore e di lavoro, con tutte le sfumature di una vita: gioie, amarezze, difficoltà, successo, generosità.

Angelo, perché un libro su Ermes Rinaldi e Bruna Calza?
Perché la loro storia racconta Modena che è la terza protagonista del libro, nel senso di un modo di essere: la convivialità, il conoscersi, socializzare. E poi il 4 novembre 1963 Ermes e la Bruna alzavano per la prima volta la saracinesca di via Ganaceto: sessant’anni di trattoria, anche se il racconto parte dagli anni ‘30 quando le famiglie Calza e Rinaldi incrociarono i propri destini.

Dove?
Tra la bassa nonantolana e quella di Ravarino. Il nonno di Bruna vi arrivò dal Polesine con una bella nidiata di figli. I Rinaldi invece erano insediati a La Grande di Nonantola dove gestivano una di quelle drogherie di una volta dove trovavi di tutto, dai casalinghi agli alimentari. Venivano chiamati Baiuchétt: dato che in dialetto modenese i baiòch sono i soldi, significava che i Rinaldi ne avevano abbastanza.

Come hai raccolto le informazioni?
Ore di chiacchierate con la Bruna, sua sorella Tersilla e i due figli della coppia, Anna e Andrea.

Le foto invece come le hai raccolte?
Ho attinto a ben cinque archivi familiari e di amici e da 16 fotografi. Con l’editore abbiamo deciso di inserirle capitolo per capitolo, in modo da accompagnare la narrazione e renderla più godibile.

Quando si sono conosciuti Ermes e la Bruna? E quando si sono sposati?
Si incontrarono per la prima volta nel 1955 a Bomporto: lei aveva 16 anni e lui 18. Si sposarono solo il 3 marzo del 1959, un martedì mattina alle 8. Ermes aveva appena ricevuto la cartolina del militare e fu don Morselli a unirli in matrimonio alla pieve di San Michele Arcangelo di Nonantola. Ho ritrovato anche una cartolina di Ermes militare che invia una poesia d’amore alla Bruna.

Poi l’avvio dell’attività nel 1963: un’altra epoca rispetto a oggi…
Sì, i primi anni stavano aperti sette giorni su sette, partendo la mattina presto a friggere uova, baccalà, gnocco fritto per i primi clienti, e proseguendo fino a mezzanotte. Con chiusura solo il pomeriggio di Natale (la mattina erano aperti) e a Ferragosto. Al pomeriggio, dopo il pranzo, si giocava a carte. Anche Ermes giocava – mai a soldi, solo bottiglie e cose del genere – e si arrabbiava se perdeva. Poi, quando nacque Andrea nel gennaio 1971, decisero di tenere aperto solo a pranzo e chiudere la domenica.

Da Ermes ci si andava per mangiar bene o per respirare l’atmosfera?
Entrambe le cose. Si mangiava bene, non ci si alzava di certo né con la fame né con la delusione. Ma nel corso degli anni Ermes ha costruito, involontariamente, il suo personaggio che è diventato un fattore di richiamo. Quel suo modo di relazionarsi in modo burbero e bonario, come del resto il tipico oste di una volta. Era un orso con un cuore grande come le sue mani. Chi ha ricevuto scappellotti, sa che le sue mani erano belle grandi. Ma il suo ‘ciao Gàbian’ era un appellativo affettuoso, anzi era un privilegio venire chiamati così.

Il segreto della Bruna tra i fornelli?
La Bruna ha sempre cucinato come se avesse ospiti a casa, in modo che se ne andassero contenti. La figlia Anna mi ha detto: “Da noi i clienti si sono trovati bene perché mia mamma faceva da mangiare come lo faceva per noi”.

Ha avuto una vita sacrificata?
Penso di no, la trattoria è stata la sua passione. Certo, sacrificio nel senso che ha sempre lavorato molto e certe cose non se le è concesse. Pur abitando in centro, è andata in piazza a sentire lo sproloquio di Sandrone per la prima volta solo quest’anno. La sua prima volta al cinema (Capitol) fu nel 1981 a vedere “Fracchia, la belva umana” con il figlio Andrea che la voleva ‘staccare’ dal lavoro. Dormì per tutto il primo tempo, tanto era la stanchezza e la disabitudine alla sala buia.

Torniamo a Ermes e alla sua passione gialloblù…
Beh, Ermes ha sempre amato tutto quello che è made in Modena. Anche con convinzioni tutte sue: per esempio i giocatori di pallavolo non li voleva in trattoria e il motivo era che “se vengono a mangiare quello che gli diamo noi, dopo come fanno a saltare a muro?”.

E la beneficenza?
Ermes, Bruna e gli ‘Amici di Ermes’ ne hanno fatto davvero tanta. Per esempio al Gruppo Resurrection Garden, associazione con lo scopo di far studiare i bambini soli dei sobborghi di Nairobi, salvandoli dalla strada. Ma non solo.

di Francesco Rossetti

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