Grandi dischi da riscoprire: “Scarecrow” di John ‘Cougar’ Mellencamp, in edizione deluxe

John ‘Cougar’ Mellencamp – “Scarecrow” (deluxe)

Nel 1985 la carriera di John Mellencamp, ai tempi ancora “coguaro”, era in piena ascesa. Solo tre anni prima, dopo una serie di album non troppo considerati, aveva improvvisamente fatto il salto di qualità con un disco tosto, tra rock e pop, come “American Fool”, e un singolo, “Jack and Diane”, che era arrivato anche ai teenager, di cui parlava. L’anno successivo, il 1983, si era confermato con l’altrettanto tosto “Uh-Uh” ed era quindi atteso ad una vera e propria prova di maturità. Una prova superata in pieno con “Scarecrow”, uscito nell’autunno dell’85, che rappresenta una ulteriore evoluzione del rock di Mellencamp, con l’aggiunta di sfumature rhythm ‘n’ blues e persino funk e testi sempre più calati nelle problematiche sociali degli Stati Uniti reaganiani e nella crisi del grande sogno americano.

Dodici canzoni (in realtà undici visto che “Grandma’s Theme” è una sorta di breve intermezzo (meno di un minuto), in cui il musicista accompagna alla chitarra la voce dell’anziana nonna) caratterizzate da un sound semplice e diretto, ma che arriva al cuore, con Larry Cane e Mike Wanchic alle chitarre, Toby Myers al basso e la potente batteria di Kenny Aronoff. Un disco che suonava già classico al momento della sua uscita, in piena era New Wave, e che contiene vere e proprie gemme come l’iniziale e trascinante “Rain on the Scarecrow”, il folk-rock di “Minutes to Memories”e la bellissima rock ballad “Between a Laugh and a Tear” in duetto con Ricky Lee Jones.

E qualche settimana fa, di “Scarecrow” è uscita una nuova edizione “Super Deluxe”, con l’album originale rimasterizzato e un disco in più di rarità e alternate takes. Due gli inediti assoluti: “Carolina Shag”, tosto brano rock che sembra appartenere allo stesso periodo, e la non straordinaria “Smart Guys”. Interessanti invece le versioni di “Cold Sweat” di James Brown e di “Under the Boardwalk” dei Drifters, quest’ultima con un suono decisamente folk. Una bella occasione per riscoprire uno dei grandi dischi americani degli anni ’80.

di Giovanni Botti

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