I bambini salvati dagli angeli di Praga. Intervista allo scrittore Fabiano Massimi

Riscoprire una storia vera e dimenticata, illuminarne i risvolti sconosciuti, celebrarla in tutta la sua straordinarietà: è quello che riesce a fare Fabiano Massimi (foto) con il suo romanzo “Se esiste un perdono”, uscito a inizio anno da Longanesi. Il tutto con ritmi da thriller che tengono il lettore sulla corda, con il fiato sospeso, “perché leggere dev’essere un piacere”, spiega lo scrittore modenese. La storia vera è quella di sir Nicholas Winton, Doreen Warriner e Trevor Chadwick, che nel 1939 a Praga rischiarono la loro vita per salvare il maggior numero possibile di bambini ebrei dalla follia nazista.

Fabiano, come sei arrivato a conoscere questa storia?
Intanto è una storia a cui tengo moltissimo perché mi ha portato luce in un momento cupo. Era il marzo del 2020, eravamo nel primo grande lockdown. Ogni sera alle 19 il conteggio delle vittime. E poi il Papa da solo in piazza San Pietro, i camion dell’esercito con le bare a Bergamo. Mi arriva un messaggio su whatsapp. A noi scrittori chiedono sempre dove prendiamo le idee. Ecco, a volte le prendiamo da whatsapp. Un messaggio da un editore che mi aveva conosciuto tramite “L’angelo di Monaco” e mi suggerisce di guardare un video su Youtube“.

Di che si trattava?
Di una video con 41 milioni di visualizzazioni. Nel 1988, in uno studio televisivo della Bbc, il programma “That’s life” specializzato in ricongiungimenti familiari ospita un signore inglese (sir Nicholas Winton) e non gli dice perché. A un certo punto la conduttrice dice: “c’è un eroe inglese che ha compiuto un’impresa 50 anni fa, a Praga, mentre Hitler stava chiudendo le sue tenaglie sulla Boemia. Ha salvato 669 bambini e non l’ha mai raccontato a nessuno. C’è qualcuno in sala che gli deve la vita?” A quel punto si alzano tutti: sono loro i bambini salvati 50 anni fa. Brividi. Iniziano ad abbracciarlo. Ecco, a me questa storia di speranza ha tenuto a galla in quel periodo. Ho scoperto che questa storia non era mai stata raccontata. Allora ho deciso di farlo io“.

Come ti sei documentato?
Non è stato facile trovare i documenti. Ma sono un bibliotecario e so cercare le informazioni, sono andato a scavare. Poi, con quello che avevo in mano, ho cominciato a scrivere“.

Nel 1939 ben prima che Hitler deliberasse la ‘soluzione finale’ di sterminio degli ebrei, la vita di questi bambini era davvero così in pericolo, tanto da spingere i genitori a  distaccarsene in modo definitivo?
È una delle grandi domande che mi hanno guidato nella ricerca. Partirono otto treni; il nono era pronto sui binari a Praga ma non partì mai perché il 1° settembre scoppiò la guerra. È vero, neanche Hitler aveva chiaro cosa fare. Fino al 1942 si pensava di spedire tutti gli ebrei in Madagascar. Probabilmente all’epoca spedire i bambini all’estero, con il rischio di non rivederli più, poteva sembrare esagerato. Figuratevi se Hitler se la prende con donne e bambini! Invece si trattò di un’iniziativa preventiva molto lungimirante”.

L’io narrante è Petra, una giovane donna, un personaggio di finzione. Che tipo è?
Non volevo cadere nell’appropriazione culturale. Sono italiano e sentivo che dovevo conquistare il diritto a raccontare questa storia di un altro paese. Petra è la donna in copertina, di spalle. Perde il marito e il figlio in pancia al quinto mese. Non ha più una patria, non ha più neanche un nome. Le è rimasto il sentimento della vendetta. Va a cercare la resistenza antinazista. Petra è l’unica che sa tutta la storia dall’inizio alla fine, è il testimone. Lei è il punto di vista di chi era immerso in quel momento”.

C’è un altro personaggio che rimane impresso: è la bambina del sale. Come l’hai immaginata, creata?
Forse è un regalo di Praga, città meravigliosa. Se racconto di un luogo ci vado, anche per evitare errori storici. Devi essere preciso. Inoltre conoscere i luoghi serve a sbloccare sensazioni, idee. Google Maps non ha la stessa cosa, manca la vibrazione. Una volta, c’era la nebbia, mi sono sentito osservato in un vicolo, mi sono voltato e non c’era nessuno. È nata da lì la suggestione della bambina del sale“.

Una figura misteriosa, poetica, coraggiosa..
Una figura eterea, forse un essere fatata, vestita di bianco, con gli occhi dorati, un cestino e dentro tanti sacchetti di tela azzurra pieni di sale. All’epoca a Praga il sale non si trovava. I nazisti avevano requisito le miniere di sale. Lei poi è l’unica bambina di Praga che non vuole essere salvata, mentre tutti cercano di salvarla. Diventa il bambino universale. Se si salva lei, forse si salvano tutti”.

 

di Francesco Rossetti

WP-Backgrounds Lite by InoPlugs Web Design and Juwelier Schönmann 1010 Wien