Storie di Sport: Enrico Bearzotti, una freccia sulla fascia

Foto Campanini/Baracchi

Enrico Bearzotti è una delle sorprese più positive di questa prima parte di campionato gialloblù, soprattutto per il fatto che sta interpretando molto bene un ruolo che si diceva non essere il suo, quello di terzino. “In realtà, pur essendo nato come esterno d’attacco – ci racconta – avevo già fatto questo ruolo a Verona, in serie A. Fu Fabio Pecchia, durante il ritiro precampionato che mi disse che mi vedeva bene terzino, soprattutto in un campionato come la A. E proprio in questo ruolo ho fatto sei partite su sette nella massima serie”.

Il tuo esordio in serie A te lo ricordi?
E come potrei dimenticarmelo! Fu un Verona-Sampdoria finita 0-0, giocai titolare e fu un’emozione incredibile. Solo alla sera, a letto, mi resi davvero conto che avevo realizzato un sogno.

Giocasti anche la famosa partita del primo addio di Buffon alla Juve…
E’ vero, c’era una atmosfera di festa, sia per il fatto che la Juve vinceva lo scudetto che per l’addio di Buffon. Anche noi, in qualche modo, ne eravamo protagonisti e l’aria che si respirava era indescrivibile.

Qual è la tua squadra del cuore? E il tuo campione preferito?
Sono tifoso della Juve e il mio idolo, fin da quando ero ragazzino, è sempre stato Alessandro Del Piero.

Facciamo un salto indietro, quando è iniziata la tua passione per il calcio?
Da piccolissimo. Ci sono delle foto che mi ritraggono con il pallone tra i piedi con i miei genitori che mi devono sostenere perché non riuscivo ancora a gattonare. E’ una passione che ho iniziato ad avere da subito.

In famiglia hai qualcuno che ha giocato?
Mio papà giocava, ma a livello regionale. Diversi parenti di mia mamma sono di Milano e lo seguivano regolarmente andando a vedere l’Inter allo stadio. E poi c’è un mio cugino, Ciceri, che è stato capocannoniere della C e ha giocato in categorie importanti facendo diversi anni nel Catania. Fece parte anche della rosa del Verona in serie A.

La tua prima squadra quale è stata?
Ho iniziato a livello provinciale nel mio paese con Hesperia 97 e Cometa Azzurra. Sono due squadre affiliate quindi alla fine sono la stessa squadra. Poi, dopo i Giovanissimi, sono andato al Portogruaro, dove sono rimasto due anni finché la società non è fallita.

E dopo?
Sono andato a fare un provino al Carpi, in Primavera, ma dopo pochi giorni avevo già deciso di non rimanere. Non tanto per la società, ma perché sono state due settimane difficili. Non avevo nemmeno 15 anni, facevo avanti e indietro tutti i giorni da Piacenza e volevo tornare a casa. Loro mi avrebbero tenuto, ma io avevo preso altre decisioni. Andai al Pordenone e fu la scelta giusta.

Cosa successe?
Dopo la prima giornata l’attaccante Denis Maccan si fece male al ginocchio. Il mister Parlato mi fece entrare in prima squadra da titolare e non ne uscii più. Vincemmo la serie D e la poule scudetto e fu un’annata memorabile per me e per il Pordenone. Lo stesso mister poi mi fece esordire tra i professionisti a Padova, dopo un anno nella Primavera del Verona.

A Modena come ti trovi?
Benissimo. E’ una città in cui si vive bene, si mangia bene, il gruppo è uno dei migliori in cui sono stato. Una serie di ragazzi in gamba con cui mi piace stare assieme. E poi l’organizzazione della società, il calore dei tifosi, tutta una serie di aspetti che mi fanno essere molto positivo.

Al di la del calcio hai altre passioni?
Sono appassionato di motori e le prime settimane che ero qui sono andato a vedere tutto ciò che c’è da vedere nei dintorni. E poi seguo tantissimi sport, dalla pallavolo alla NBA al Giro d’Italia. Il tempo libero mi piace passarlo in compagnia con gli amici. O anche tornare a casa e stare con la mia famiglia.

Sei iscritto all’Università. A quale facoltà?
Sono iscritto all’ultimo anno di Scienze Motorie. Mi mancano tre esami e spero di sostenerli il prima possibile.

Se non fossi entrato nel calcio che percorso avresti scelto?
Non saprei di preciso, sono entrato nel calcio molto presto. Forse il mondo dell’edilizia, ingegneria edile. Se ne era parlato anche in famiglia e mi aveva suscitato un certo interesse.

di Giovanni Botti

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