Avrà pure dei difetti, ma l’Unione Europea rimane il più grande esperimento di politica comune tra Stati diversi mai realizzato nella storia recente. Basandosi sulla cessione di potere di ogni governo nazionale, è inevitabilmente un processo delicato, ma lungimirante. Ne è convinta anche Fabrizia Panzetti, modenese che dalla fine degli anni ’90 lavora dentro alle istituzioni europee, ricoprendo ruoli di grande responsabilità. Per esempio capo di gabinetto della ‘ministra degli esteri’ europea Federica Mogherini e stretta collaboratrice del presidente del Parlamento David Sassoli (foto).
Fabrizia, qual è stato il percorso che l’ha portata in Europa?
La colpa, per così dire, è della politica. Perché fin dalle scuole superiori è stata la mia passione e, durante gli anni dell’università, perfino il mio lavoro. Fondamentali per la mia formazione furono i movimenti per la pace, come quello contro gli euromissili negli anni ‘80. Ho fatto il liceo classico Muratori, le prime classi sperimentali dove si studiavano le lingue, poi Scienze Politiche a Bologna. Il dipartimento esteri dell’allora Pci cercava giovani che sapessero le lingue e potessero viaggiare e tenere i contatti con i vari movimenti giovanili in Europa, partecipando alle varie reti internazionali. Per molti di noi, me compresa, quella è stata un’esperienza seminale.
Il suo interesse per la politica aveva radici familiari?
Sì, mio padre ha dato praticamente la vita per il partito, era un elettricista, ed è stato tra quelli che misero in piedi la prima festa nazionale dell’Unità nel 1977, all’ex-autodromo.
L’incontro con le istituzioni europee?
In occasione della campagna per le Europee del 1989. Erano appena successi i fatti di Tienanmen in Cina, mentre il muro sarebbe caduto solo qualche mese più tardi. Avevamo un candidato giovane, Luciano Vecchi. Ma cominciai a collaborare davvero con Vecchi solo al suo secondo mandato: un’attività di raccordo con la società civile dei paesi dell’est con cui avevamo costruito la Helsinki Citizens’ Assembly.
Com’è approdata a Bruxelles?
Un po’ per caso. Nel 1998-99 feci uno stage al Parlamento Europeo, poi cominciai a lavorare come assistente a Elena Paciotti, una magistrata eletta a Modena.
Della presidenza Prodi alla Commissione (1999-2004) che ricordi ha?
Lo ricordo come un periodo positivo, espansivo per l’Unione. Prodi fu un presidente che puntava alla cooperazione con il Parlamento europeo, forse il primo in tal senso. Poi con Barroso l’atteggiamento cambiò.
Più di recente, come sono stati gli anni come capo di gabinetto (2016-2019) di Mogherini?
Anni duri, bellissimi. Duri perché l’alto rappresentante è una funzione relativamente nuova, la sfida per noi è stata insediarla in pieno. Il ministro degli esteri europeo deve tener presente che la politica estera è prerogativa degli stati membri. Per questo si lavora per consenso. Abbiamo avviato la strutturazione della politica di difesa e lavorato molto con i Balcani. Sempre grata a Federica di questa fiducia.
Un ricordo di David Sassoli?
Con David, a cui mi legava una profonda amicizia, ho svolto il ruolo di rappresentante per le relazioni istituzionali. Guidavo un team che seguiva le politiche legislative delle varie commissioni. Abbiamo condiviso l’esperienza della pandemia. Lui scelse di non tornare e di rimanere a Bruxelles a lavorare per tutto il lockdown. Per me fu un’esperienza umana fortissima.
L’Europa viene indicata come un attore debole a livello globale: quale potrebbe essere un upgrade?
Non credo che l’Europa sia una realtà debole, abbiamo un problema di autopercezione. È vero, abbiamo difficoltà a essere un attore politico a pieno titolo. Molta parte del mondo guarda a noi come un modello, un riferimento. Siamo il più grande donatore di aiuti umanitari nel mondo.
La Brexit è stata una disdetta o una fortuna?
È triste che il Regno Unito sia uscito, ma se molti scommettevano sull’inizio della fine dell’Unione Europea, i fatti ne hanno certificato la forza. Le richieste di adesione sono aumentate.
Il prossimo allargamento dell’UE?
Serbia, Montenegro e Albania. Il fatto che si siano accettati i negoziati per l’adesione di Ucraina e Moldavia, rende il calendario più stretto sui paesi che erano già in procinto di aderire.
Se le proponessero di fare la sindaca a Modena, accetterebbe?
Ho radici profonde a Modena, ma credo che serva una persona, magari giovane, che conosca il territorio e che lo abbia già amministrato, in varie forme. Io darò sempre il mio contributo, del resto sono abituata a fare le cose che so fare.
di Francesco Rossetti