Museo Civico: in mostra “L’Enigma Proibito” di Pietro Giannone

Un codice cifrato, un piccolo manoscritto in carta leggera, con numeri e strani simboli, a formare un testo incomprensibile, appartenente alla raccolta del Risorgimento del Museo Civico. E il suo autore, il poeta e patriota modenese Pietro Celestino Giannone, esule per molti anni tra Parigi e Londra. Sono i due elementi che, per i quasi 150 anni in cui il codice è rimasto inviolato nonostante i ripetuti tentativi di decifrarlo, hanno alimentato l’idea che dietro al testo cifrato si nascondessero notizie storiche riferite alla Carboneria. E invece, quando nel 2014, Paolo Bonavoglia, docente di matematica, in collaborazione con Consolato Pellegrino ha trovato la chiave del codice, il manoscritto ha rivelato non storie segrete della Carboneria ma un poema erotico-libertino fortemente licenzioso.

Il manoscritto svelato è il protagonista della mostra “Enigma proibito. Segreti ed erotismo nel poema criptato di Pietro Giannone”, allestita nelle sale rinnovate del Museo Civico di Modena, che inaugura sabato 10 febbraio alle 17 e che sarà visitabile fino al 23 giugno. Un percorso nel mondo misterioso della crittografia e della scrittura segreta che racconta la figura di Pietro Giannone e l’avventura crittografica che ha portato a decifrare il codice. La mostra propone, per la prima volta, due livelli di fruizione paralleli: uno per gli adulti e uno per i bambini, in una dimensione interattiva che, con video e postazioni multimediali, invita visitatori e visitatrici a mettersi in gioco sperimentando il linguaggio cifrato dopo averne compreso i segreti. Il pubblico over 16 potrà accedere a una stanza segreta per leggere i versi del poema, mentre ai più piccoli è riservata una stanza tutta per loro, “vietata agli adulti”.

La mostra, promossa dal Museo Civico e da FestivalFilosofia, è stata presentata in anteprima ai giornalisti venerdì 9 febbraio, con la partecipazione di Andrea Bortolamasi, assessore alla Cultura del Comune di Modena che ha sottolineato come l’iniziativa sia “innovativa, frutto di un lavoro di ricerca e sperimentazione che valorizza la raccolta del Risorgimento del Museo e inaugura, di fatto, i nuovi spazi dedicati alle mostre temporanee. Dopo la riconsegna, a dicembre, delle sale Campori e Sernicoli, il Museo Civico continua così nel suo percorso di crescita e di costante dialogo con la città”. All’anteprima hanno partecipato anche Francesca Piccinini, direttrice del Museo Civico; di Paolo Bonavoglia; di Gian Mario Anselmi, ordinario di Letteratura italiana all’Università di Bologna, tra gli autori del catalogo che accompagna l’esposizione. Presenti anche i curatori Stefano Bulgarelli e Cristina Stefani ed Elena Grazia Fè, responsabile del settore arte dei Servizi educativi del Museo.

Fin dall’antichità l’uomo ha pensato di creare codici segreti, sistemi di segni capaci di nascondere a occhi indiscreti un importante messaggio e rivelarlo solo ai destinatari. La crittografia ha rivestito un ruolo fondamentale nella storia: dai messaggi spediti da Cesare a Cicerone durante le guerre galliche alla corrispondenza cifrata di Lucrezia Borgia e Maria Stuarda, dal codice Enigma usato dai nazisti nel secondo conflitto mondiale ai protocolli di sicurezza dei sistemi informatici. Oggi, anche chi preleva al bancomat o utilizza whatsapp utilizza, senza rendersene conto, tecniche crittografiche.

Il codice cifrato inventato da Pietro Giannone, probabilmente nell’intento di sviare ogni sospetto di amici e familiari sul vero significato dei versi che stava scrivendo, è rimasto inviolato per oltre 140 anni. Fino a quando, Paolo Bonavoglia, studiando e analizzando a più riprese segni e simboli, è riuscito a scovare un punto debole compiuto dall’autore e da lì ha potuto fare breccia nel testo scoprendo, appunto, un poema erotico. Un “divertissement” del poeta ormai anziano che, come spiega Gian Mario Anselmi, ci pone di fronte a un testo che riprende le antichissime procedure della parola “in codice” per dare libero impulso, nell’ambito di un mondo che si faceva sempre più represso, alle fantasie intime più smodate. Un modo per giocare in segreto con le parole trasgressive e oscene mascherate da un codice che restituiva il valore recondito della parola come segreto impenetrabile se non agli “iniziati” laici. Ultimo baluardo di una libertà legata alla cultura illuminista che si iniziava, nonostante il Risorgimento, a percepire in pericolo.

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