Il disco della settimana: “Flying into Mystery”, ennesimo gioiello dell’irlandese Christy Moore

Christy Moore – “Flying Into Mystery”

Non è la prima volta che in questa rubrica parliamo di Christy Moore, vero e proprio monumento della musica folk e cantautorale irlandese. Classe 1945, Moore, ha partecipato a quasi tutte le esperienze più significative nell’ambito della musica tradizionale della sua terra. E’ stato leader e fondatore dei Planxty, straordinaria band che ha contribuito alla riscoperta e alla rielaborazione della musica folk celtica della verde isola, ma anche dei mitici Moving Hearts, con i quali, assieme a Davy Spillane e Donal Lunny, ha contaminato quella stessa musica col rock e con il jazz.

Come solista il musicista del Kildare ha registrato la bellezza di 26 album, senza contare cofanetti e raccolte con inediti, e non è mai sceso al di sotto del livello di eccellenza. Il nuovo lavoro, uscito lo scorso dicembre, conferma il talento e la bravura di questo straordinario artista. Già la copertina e il titolo del disco, “Flying Into Mystery”, immergono l’ascoltatore nell’atmosfera affascinante e misteriosa delle ballate di Moore che, rispetto agli album più recenti, attinge meno alla tradizione (la sola “Van Diemen’s Land”, ballata ottocentesca che racconta di un bracconiere condannato e trasportato in una lontana colonia penale) e di più ai canzonieri di altri autori, da Mick Hanly a Bob Dylan, passando per Gary Moore.

Tre, invece, sono i brani originali firmati dal musicista, tra cui spiccano la briosa ballata “Bord na Mòna Man” e la deliziosa “Myra’s Caboose”. Nonostante l’età avanzata, la voce baritonale di Moore non ha perso nulla del suo fascino, ancora di più se posta al servizio di ballate intimiste come l’iniziale “Johnny Boy”, scritta dal chitarrista hard rock di Belfast Gary Moore e resa ancora più fascinosa dai ricami di armonica e Uilleann Pipes. Ma il capolavoro del disco è la versione scura e intensa di un classico minore di Bob Dylan, “I Pity the Poor Immigrant” (era su “John Wesley Harding”, l’album del 1967), che l’irlandese fa suo cantandolo con forza e passione. Da non perdere.

di Giovanni Botti

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